Le lettere che non si scrivono più vol. 2
Consigli di lettura dal 31 marzo 2017
L'inutile collega : lettera di Alessandro Manzoni
Saranno idee d'arte e di poesia : carteggi con Buzzati, Gadda, Montale e Parise di Neri Pozza
Il 4 aprile del 1956, in una lettera a Goffredo Parise in cui rimprovera allo scrittore vicentino di aver smarrito, nel suo ultimo racconto Il fidanzamento, l’esuberanza patetica e piena di forza della sua opera prima Il ragazzo morto e le comete, Neri Pozza scrive: «Non ti dolere di questo parere negativo, io sono un vecchio provinciale con idee estremamente chiare anche se sbagliate (per te). Saranno idee d’arte e di poesia, che fanno pochi soldi, ma sono le sole capaci di sedurmi e interessarmi. Il resto, per me, è buio e vanità». La fede ostinata nel carattere d’arte e di poesia del lavoro editoriale attraversa da cima a fondo questi carteggi tra l’editore vicentino e gli scrittori con cui ebbe un rapporto privilegiato di amicizia e di collaborazione: Dino Buzzati, Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale e Goffredo Parise. Dal 1946, quando Neri Pozza fondò la sua casa editrice, fino al 1988, l’anno della sua morte, l’editore intrattenne rapporti epistolari con le figure di spicco della cultura italiana del Novecento: da Giuseppe Prezzolini a Emilio Cecchi, da Massimo Bontempelli a Mario Luzi, da Camillo Sbarbaro a Corrado Govoni, da Carlo Diano a Concetto Marchesi, da Elémire Zolla a Amedeo Maiuri. È nelle lettere a Buzzati, Gadda, Montale e Parise, tuttavia, che emerge davvero la figura di Neri Pozza editore.
Come ha scritto Fernando Bandini, Pozza «aveva già in mente per suo conto dei libri che pensava mancassero, e li proponeva agli autori che gli sembravano i più adatti a scriverli. Se avesse potuto li avrebbe scritti tutti lui di suo pugno». È Neri Pozza che, nel 1950, sedotto dall’idea di un’opera di Buzzati indica all’autore del Deserto dei Tartari la via per «un libro serio, vivo, necessario alla sua storia di scrittore». È Neri Pozza che, contro il parere dei critici che lo consideravano oscuro, pubblica Gadda e il suo Primo libro delle Favole, un titolo non compreso o addirittura sbeffeggiato quando apparve.
È Neri Pozza che stampa coraggiosamente l’esordio in prosa di Montale, quella Farfalla di Dinard che esce nel 1956, con copertina rosso mattone, in un’edizione fuori commercio di 450 esemplari, con allegata un’incisione di Giorgio Morandi. È l’editore vicentino, infine, che non esita, in nome della chiarezza dell’arte e della poesia, a indicare «orrori» ed «errori» a Goffredo Parise, diventando, come ha scritto Silvio Perrella, oltre che il suo editore anche «il suo primo critico». Dalla lettura di questi carteggi appare sempre più evidente il posto di rilievo che spetta all’editore vicentino nell’editoria e nella cultura del Novecento.
È Neri Pozza che stampa coraggiosamente l’esordio in prosa di Montale, quella Farfalla di Dinard che esce nel 1956, con copertina rosso mattone, in un’edizione fuori commercio di 450 esemplari, con allegata un’incisione di Giorgio Morandi. È l’editore vicentino, infine, che non esita, in nome della chiarezza dell’arte e della poesia, a indicare «orrori» ed «errori» a Goffredo Parise, diventando, come ha scritto Silvio Perrella, oltre che il suo editore anche «il suo primo critico». Dalla lettura di questi carteggi appare sempre più evidente il posto di rilievo che spetta all’editore vicentino nell’editoria e nella cultura del Novecento.
Storia delle mie disgrazie. Lettere d'amore di Abelardo e Eloisa di Pietro Abelardo
Nel secolo XI, un logico e teologo di fama europea, chierico e canonico della cattedrale di Parigi, incontra una figura eccezionale per il medioevo: una giovane donna altrettanto famosa per cultura e intelligenza. La storia d'amore di Abelardo e Eloisa ci è nota attraverso una sorta di autobiografia in forma epistolare e le lettere che i due amanti, separati dal destino, si scambiarono nel corso degli anni. La loro corrispondenza è scritta in modo così mirabile, con tale libertà d'espressione ed è così vicna al nostro modo di sentire che a più riprese gli studiosi ne hanno messo in dubbio l'autenticità.
Lettere di donne a Balzac
Lettere da Casablanca di Rita El Khayat, Abdelkebir Khatibi
Questo scambio di lettere tra Rita El Khayat e Abdelkébir Khatibi, entrambi marocchini, rappresenta un unicum e il primo epistolario tra una donna e un uomo nella tradizione letteraria islamica. Scritte tra il 1995 e il 1999 le "Lettere da Casablanca" sono lo specchio di una profonda relazione affettiva e intellettuale. Aimance è la parola, il concetto attorno al quale lo scambio trova inizialmente il suo perno. L'Aimance, "codice amoroso che afferma un'affinità più attiva tra gli esseri", è capace di minare le fondamenta di una società profondamente patriarcale quale quella marocchina. Il rapporto epistolare cambia improvvisamente di segno con la malattia e la morte della figlia adolescente di Rita. Tutti i temi toccati - le comuni radici arabe, le questioni intellettuali, la lontananza - subiscono l'onda d'urto straziante della perdita. Nelle parole di Rita riecheggia un dolore arcaico, invincibile. Solo la scrittura resiste. E compone un libro indimenticabile, commovente e rivelatore.
Le relazioni pericolose di Pierre-A.-F. Choderlos de Laclos
Considerato il più grande romanzo epistolare della letteratura francese, Le relazioni pericolose (1782) è ambientato nella Parigi del Settecento, dove la Marchesa de Merteuil, falsa e devota, abbandonata dall'amante, Gercourt, decide di vendicarsi disonorandolo. A questo scopo conquista la complicità del Visconte di Valmont, suo ex amante e noto seduttore senza scrupoli. Valmont accetta la sfida e decide di sedurre la giovane Cécile, promessa sposa di Gercourt. Inizia così lo scambio epistolare (175 lettere) che mette in scena la rete diabolica elaborata da Valmont e dalla Marchesa di Merteuil, tessuta in cinque mesi di progetti, manovre, sotterfugi, confessioni, elaborate ipocrisie, colpi di scena e complicatissimi intrighi. Nella rappresentazione dei due protagonisti principali, tutti presi dalla loro volontà di autoaffermazione, Laclos ritrae in modo del tutto originale il quadro realistico di una società moralmente dissoluta e crudele, ormai in discesa libera verso l'autodistruzione nel momento in cui elabora l'idea del massimo potere e del completo piacere, del dominio incontrastato e ottenuto con ogni mezzo, e a ogni prezzo.
Lettere al fratello Carlo / Giacomo Leopardi
Paolina mia : lettere alla sorella / Giacomo Leopardi
Carissimo signor padre : lettere a Monaldo / Giacomo Leopardi
Signore ed Amico amatissimo: Lettere all'editore Stella / Giacomo Leopardi
Vita di Oscar Wilde attraverso le lettere, a cura di Masolino d'Amico
Gran sacerdote del decadentismo, esteta impareggiabile, umanista finissimo, autore di successo, conservatore affascinante, maestro nell'arte del paradosso e della provocazione, Oscar Wilde ha cessato di essere il "personaggio sconveniente di una tragica sconvenienza" di cui parlava Hofmannsthal, o lo spauracchio di una borghesia impaurita dai suoi eccessi e dalle sue stravaganze, per apparirci oggi l'esponente più significativo di un mondo e di un'epoca. Come ha scritto di lui Borges, "offerse al secolo ciò che esso richiedeva, commedie commoventi per la folla, arabeschi verbali per pochi, e si accinse a così dissimili compiti con una specie di incurante felicità...Un uomo che, sebbene avvezzo al male e alla sventura, conserva un'invulnerabile innocenza". Fu lo stesso Wilde a dichiarare a Gide di aver messo il genio nella vita, e soltanto il talento nelle opere. Il suo istinto di attore che recita se stesso fa il fascino di queste lettere che Masolino d'Amico ha ordinato in modo da offrirci una sorta di autobiografia percorsa da un filo narrativo unitario. Conosciamo così Wilde nel suo giro di conferenze in America, nella amicizie, nel lavoro, nelle polemiche con la stampa, a difesa dei suoi libri a denuncia di un moralismo filisteo applicato alla critica d'arte. Particolare rilievo hanno le vicende degli ultimi anni: la tormentosa relazione con Alfred Douglas, il processo, la condanna, la prigionia, il malinconico "dopo", quando Wilde appare rassegnato ad uscire dalla ribalta, ma non perde la sua voglia di vivere, di confessarsi, di giocare ironicamente fino all'ultimo con un destino inimitabile.
Lettere di giovinezza all'amica inventata di Antoine de Saint-Exupéry
Queste lettere dell’ autore de Il piccolo principe, furono scritte tra il 1923 e il 1931 all’amica Renèe de Saussine. Sono nove anni importanti nella vita dello scrittore, nove anni intensi di riflessioni, duranti i quali lo scrittore francese compie il suo apprendistato – realizzando la sua passione per il volo come corriere postale in Africa e in Sud America, ed i suoi progetti letterari, con l’apparizione di Courrier Sud e Volo di notte – e affina la sua ‘educazione sentimentale’. Ed è soprattutto quest’ultima che prende forma in queste lettere, nelle quali si delinea una figura femminile ‘inventata’ perché fondata non tanto su di un rapporto reale, quanto sulle aspirazioni, le speranze, le attese di una giovinezza che si avvia alla maturità.
Lettere di James Joyce
Se dal punto di vista della produzione letteraria James Joyce non può essere considerato un autore particolarmente prolifico - pochi, ma immensi capolavori - altrettanto non si può dire in merito alla "scrittura privata". Il corpus delle lettere lasciate in eredità è assai vasto e molto ricco di argomenti. Il presente volume comprende circa due quinti delle lettere di Joyce venute alla luce e pubblicate dopo la sua scomparsa. Non pochi studiosi ne sono rimasti affascinati, trovandosi di fronte a un profilo privato dello scrittore che è molto diverso da quello ufficiale. Le lettere sono a maggior ragione una fonte preziosa per aiutare a comprendere la complessità del grande autore, che ha rivoluzionato, messo a soqquadro, ogni canone estetico della modernità.
Ritratto del poeta attraverso le lettere di Dylan Thomas
Lettere alla fidanzata di Fernando Pessoa
«Risposi a un annuncio del “Diário de Notícias”. Avevo diciannove anni, ero allegra, sveglia, indipendente e, contro la volontà dei miei familiari, decisi di trovare un impiego». Così Ophélia Queiroz si trovò a lavorare nello stesso ufficio di Fernando Pessoa. «Tutto cominciò con sguardi, bigliettini, messaggi che mi lasciava di soppiatto sulla scrivania». Ed era già il namoro, come si chiama in portoghese quel vago periodo che precede il fidanzamento ufficiale. Queste lettere testimonieranno la profonda, irriducibile irrealtà in cui Pessoa sapeva lasciar precipitare ogni evento della sua vita personale, come se già questa locuzione fosse per lui un’incongruità. E tale era. Tanto più preziose, tanto più insostituibili queste sue lettere alla fidanzata, che accettano subito di partecipare, «proprio come i veri grandi amori, del ridicolo e del sublime».
AntonioTabucchi
Epistolario di Edgar Allan Poe
Le lettere del grande malinconico, alcolizzato per necessità, di quel genio febbrile che si chiama Edgar Allan Poe, inventore di un nuovo genere letterario che trasforma e introduce il macabro nella sfera del quotidiano rendendolo quindi altamente probabile. Nell’Epistolario - edito da Longanesi nel 1955, raccolto da John Ward Ostrom con la densa prefazione di Henry Furst - scopriamo i pettegolezzi, le manie, la sua assillante richiesta di danaro, le emozioni che gli procura la morte…
Lettere a Ottla e alla famiglia di Franz Kafka
L'edizione raccoglie le lettere di Kafka conservate dalla sorella Ottla che, all'interno del gruppo familiare, è il destinatario di gran lunga privilegiato dello scrittore. Più precisamente l'insieme è costituito da centoventi lettere, delle quali centouno alla sola Ottla, otto ai genitori, cinque a Josef David che sposò Ottla nel 1920. Alcune lettere hanno più di un destinatario: Ottla e Josef David, Ottla e i genitori. Ottla è persona di sana energia e di fermezza non comune: in contrasto con la famiglia riesce a imporre la sua esigenza di un lavoro autonomo, ribellandosi alla comoda soluzione dell'impiego nel negozio paterno. Amministra prima la piccola tenuta agricola del cognato Karl Hermann e in seguito frequenta una scuola di agraria. Sappiamo che, in periodo nazista, lei, ebrea, si separò dal marito, ceco di religione cristiana, per evitargli la tragedia. Morì ad Auschwitz, dove si era recata volontariamente per accompagnare un gruppo di bambini. Dai primi messaggi dai luoghi di vacanza (Riva del Garda, Svizzera Boema, Parigi) del 1909 - 1910, alle lettere spedite da Praga a Ottla che a Zürau, in Boemia, lavorava nel podere del cognato, dalle notizie spedite dai luoghi di cura, fino alle ultime lunghe lettere del 1924, anno della morte, spedite dal sanatorio di Kierling, vicino a Vienna, Ottla costituisce per Kafka un costante punto di riferimento.
Al di là della sempre vigile riservatezza emergono, scanditi dagli spostamenti nello spazio e nel tempo frammenti delle vicende interiori: il fidanzamento con Felice Bauer e la rottura definitiva, la profonda amicizia con Max Brod e con lo scrittore ceco Oskar Baum, il difficile colloquio con i genitori e gli ambivalenti rapporti con il lavoro all'"Istituto di Assicurazione". La natura sensibilissima di Kafka, i suoi conflitti, le sue angosce si ripropongono attraverso questo rapporto epistolare in un'inedita dimensione di disarmante sincerità e immediatezza. Si tratta molto spesso di richieste: richieste di proroga dell'esonero dal servizio all'Istituto, che Ottla presentava a nome del fratello; richieste di giornali, riviste, cataloghi di libri; richieste di commissioni ora banali ora delicate, per le quali Kafka sembra fidarsi solo di Ottla; richieste di notizie di amici e di familiari. A volte sono consigli riguardanti gli studi di agraria di Ottla, che Kafka incoraggia e sostiene. Pure, dalla quotidianità dei temi, dietro il tono colloquiale e smorzato, si indovinano i fantasmi e i turbamenti di Kafka. L'insonnia permanente, la debolezza, lo stordimento, sono solo i sintomi più vistosi del male fisico e di quello psichico, tra loro solidali. Il rapporto con Ottla assume a volte accenti paterni, altre volte quelli accorati di una ricerca quasi infantile di solidarietà, fondata su una specie di complicità esistente tra i due. Un affetto profondo, quello di Kafka per la sorella minore, che a tratti sembra rendergli più tollerabile la fatica di vivere.
Le lettere da Capri di Mario Soldati
Harry è un americano che, durante la seconda guerra mondiale, ha conosciuto Jane, americana come lui. La sposa entro breve tempo e la loro sembra la coppia ideale: ricca, culturalmente elevata, raffinata. Eppure Harry intrattiene da anni una relazione con Dorothea, una prostituta che vive a Roma. E’ pazzo di lei al limite della patologia, ma al tempo stesso riconosce gli aspetti più estremi del rapporto, tanto che i suoi sentimenti per la donna non sono scevri da disprezzo, sfiducia e senso di superiorità. Il colpo di scena arriva quando Harry scopre che sua moglie Jane, la buona e banale Jane, intrattiene a sua volta una relazione con un giovane popolano italiano, grezzo e ambiguo. Il tutto è rivelato in una serie di lettere (quelle del titolo) scritte della donna al suo amante. Con questa scoperta si iniziano a vedere le similitudini tra marito e moglie che, dietro alla facciata di perbenismo, nascondono l’uno all’altra le passioni più torbide e arcaiche. Il romanzo indaga senza pietà nelle ombre di una coppia, ma in gioco non è solo il concetto di avventura extraconiugale. Il dramma di moglie e marito deriva dalla loro sottomissione alle convenzioni sociali. E’ il conformismo che li fa soffrire. Tant’è vero che quando Harry sposa Dorothea, dopo un solo anno di matrimonio arriva a dire: Dorothea oggi è una brava ragazza. Non la desidero più. In questo romanzo l’amore coniugale e quello carnale sono completamente scissi, anzi, non si può neanche parlare di amore: meglio distinguere utilizzando i termini affetto e passione. Tra questi due estremi, sembra dirci l’autore, l’uomo e la donna non troveranno mai un punto di incontro.
Lettere a un'amica : Sessantaquattro lettere a Nora Baldi di Saba Umberto
Dal luogo del sequestro : romanzo di Fulvio Tomizza
Sergio scrive una lettera alla moglie per confessarle una storia inquietante. Nel suo lavoro di sceneggiatore, a Roma, ha conosciuto una donna, vedova, siciliana, Rosarita, sorella della funzionaria che gli passa il lavoro. Tra i due scoppia una torrida passione sessuale da cui l'uomo, a un certo punto, tenta di evadere. Ritorna a casa e comincia a essere perseguitato da telefonate anonime. Incontra di nuovo Rosarita, di passaggio a Venezia insieme alla sorella, ed è quest'ultima a confidargli che la donna è gravemente ammalata, non potrà vivere più a lungo. Alla morte di Rosarita, Sergio va al funerale, riesce ad assistere alla cerimonia di sepoltura, poi viene accompagnato dai parenti in un palazzo di campagna. Qui scopre di essere un prigioniero... La carcerazione siciliana del protagonista è soprattutto "sequestro" della sua anima, prigioniera di se stessa, delle sue ambizioni, delle sue curiosità erotiche, della sua fragilità, di uomo debole che si è lasciato abbindolare. Il sequestro non è per il riscatto, ma per vendetta, quindi "sui generis", come singolare è l'impianto epistolare del romanzo, che non si riallaccia alla tradizione classica di missive spedite e ricevute, ma ha una sua allure nuova, quasi di due piccoli romanzi nel romanzo, chiusi dentro le righe di due lunghe lettere in cui si stempera e vive tutta la storia.
Nessuno scrive al colonnello di Gabriel García Márquez
Un remoto gioiello del colombiano Marquez., scritto nel 1957, considerata "la prova più riuscita ed equilibrata, più completa ed esatta del primo periodo dell'attività letteraria di G. G. Marquez".
Siamo nell'anno del mai e del sempre possibile, in nessun luogo ed in ogni posto, il colonnello aspetta la sua lettera per la pensione da quindici anni, mentre si toglie dal piatto le briciole per allevare il suo valoroso tesoro, unico inestimabile tesoro: il suo gallo da battaglia. E il racconto vi porta assieme a lui, nel cuore della sua limpida e cieca determinazione, nel suo quotidiano pellegrinaggio all'ufficio postale, nella sua intensa fiducia per il suo combattente a due zampe, emblema della speranza indomita di essere eroe per un giorno e di poter mangiare lardo e pane per un mese intero senza strozzarsi nei debiti, poter finalmente aspirare a realizzare qualche piccolo remoto sogno…
Herzog di Saul Bellow
Solo nella sua grande, vecchia casa di campagna, l'ebreo Moses Elkanah Herzog, alter ego di Saul Bellow, scrive febbrilmente lettere su lettere agli amici, alla famiglia, persino a morti illustri, ponendo quesiti sull'esistenza a tutti i suoi interlocutori. Personaggio quanto mai contraddittorio, portavoce delle inquietudini intellettuali del tipico americano postkennediano, spoglio di ogni romantica illusione, Herzog è un umiliato che va fiero della propria umiliazione e, nel disastro della sua esistenza, si sente tuttavia fiducioso, pur non avendo la risposta al mistero della vita.
Tango e gli altri : romanzo di una raffica, anzi tre di Francesco Guccini, Loriano Macchiavelli
Una raffica di mitra del plotone di esecuzione mette fine alla giovane vita del partigiano Bob, ma questa volta non sono nazifascisti quelli che sparano. Accusato di un atto di efferatezza, aver sterminato l'intera famiglia del patriarca, Bob è stato giudicato in fretta e furia dal tribunale partigiano composto dai suoi commilitoni della brigata Garibaldi e da un commissario politico venuto da oltre la linea del fronte. Tuttavia, poiché molti sono i particolari che non tornano a proposito del massacro delle Piane, un'altra brigata ha affidato una parallela indagine a Benedetto Santovito, reduce dalla Russia e diventato anche lui partigiano di Giustizia e Libertà con nome di battaglia Salerno su quelle stesse montagne fra le quali aveva fatto il maresciallo: con la certezza che un carabiniere, come un prete, resta carabiniere nell'anima, qualunque abito indossi. L'escalation drammatica degli eventi bellici impedisce a Santovito di portare a termine un'indagine appena iniziata, ma molti anni dopo, nel 1960, il passato bussa di nuovo alla porta e una lettera appassionata e struggente obbliga il maresciallo a ritornare sul caso. Solo che gli anni hanno cambiato, se non i luoghi, tutte le persone. E molto profondamente.
Il tempo degli italiani di François Maspero
La piccola Lise, affidata ai nonni dopo la morte dei genitori, arriva da Parigi in un paese della Provenza occupata dagli italiani nel 1940. Qui conosce l'alpino torinese Mario e se ne innamora, come può farlo una bambina di dodici anni. Mentre l'eco della guerra arriva soltanto da lontano, la vita scorre placidamente fino al momento in cui, alla vigilia del Natale '42, qualcosa cambia e la vera tragedia incalza: un convoglio si porta via le compagne ebree di Lise e la fidanzata di Mario. Il tempo scorre, ma i misteri e i dolori dell'infanzia rimangono. Quando la sorella di Mario, durante un incontro a Torino, dà a Lise le lettere dell'alpino diventato un comandante partigiano, inizia per Lise l'ultimo pellegrinaggio nella memoria.
Di me ormai neanche ti ricordi : romanzo di Luiz Ruffato
Sotto il letto, una piccola e dimenticata scatola di legno: all'interno, il ritratto di un figlio, cinquanta lettere e tutto il dolore di una madre. Di me ormai neanche ti ricordi racconta gli amori, le lotte e la fatica di un giovane emigrato a San Paolo mentre, sullo sfondo, affiora il Brasile degli anni Settanta, la dittatura militare, le vittorie della nazionale di calcio, le proteste operaie e soprattutto la miseria e la solitudine di chi è dovuto andare via e presto scopre che i poveri non fanno mai ritorno a casa. Luiz Ruffato, in un commovente monologo epistolare, racconta il passato recente del suo paese attraverso lo sguardo ingenuo, caparbio e generoso di suo fratello Célio.
Circolazione a più cuori : lettere familiari di Giorgio Manganelli
Nel leggere Circolazione a più cuori si prova una sorta di pudore che può far arrossire. È grazie alla figlia Lietta che possiamo leggere queste missive e avere del poeta e scrittore una versione inedita, quasi romantica, contrapposta alla sua scrittura mordace, critica e illuminante. Sono parole di un uomo troppo lucido per non essere in guerra con i propri nervi, di un intellettuale la cui sensibilità è troppo acuta per non venire implosa o sacrificata. Quelle alla moglie Fausta sono lettere di un uomo che, pur auspicando una vita a due fatta di dolcezze e conflitti condivisi, sembra sapere che un guasto originario renderà impraticabile l'amore (la figura materna ne ha invalidato ogni tentativo). Fausta, conosciuta nel '44 (lui, partigiano comunista, aveva accompagnato sui monti la sorella, medico, a curare i compagni feriti) e sposata nel '46 è la madre di Lietta. Figlia e moglie che, dopo infinite paturnie, Manganelli definitivamente lascerà, nel '53, con la famosa fuga a Roma in Lambretta. Quello di ricucire il rapporto con la figlia sarà un compito faticosamente affrontato, appunto per via epistolare, nei primi Anni ‘60: le lettere a Lietta sono un curioso esperimento di pedagogia a distanza. A quella figlia distante Manganelli scrive parole d'affetto dopo anni di silenzio, per proteggerla dai propri incubi, fallimenti, depressioni, per non sentirsi responsabili di altre colpe, e rimanere rintanati in una solitudine fatta di parole, come se le parole ferissero meno degli uomini. Poi ci sono le lettere al fratello Renzo e, dopo la sua morte, alla cognata Angiola. Lettere in cui parla di un dolore fecondo, mai inerte, un dolore che va adoperato per dare un possibile senso a tutto...
Ricordati di ricordare di Henry Miller
Due saggi scritti a cavallo della seconda guerra mondiale da uno dei più anticonformisti scrittori del secolo scorso. Il primo, «Assassinate l’assassino», è una lunga lettera indirizzata all’amico Alfred Perlès. In questa riflessione sul secondo conflitto mondiale Henry Miller, costretto a rientrare in America a causa della guerra, dichiara la sua strenua opposizione all’appiattimento del pensiero e all’alienazione individuale che hanno catapultato l’Europa nell’orrore. Nel secondo saggio, «Ricordati di ricordare», l’autore rievoca con nostalgia la sua Parigi. Una volta a New York Miller, ritrovando il mondo ottuso e stupido che aveva abbandonato, gli contrappone l’eco dei giorni esaltanti vissuti nell’Europa pre-bellica: dal peso della cultura francese sulla sua formazione umana all’importanza delle amicizie strette in quel periodo. Fra autobiografia e riflessione critica, queste pagine tutte da riscoprire sono la testimonianza modernissima, appassionata e provocatoria di un grande autore del ‘900.
Terrarium di Giorgio Manacorda
In un mondo invaso da rettili mutanti, gli esseri umani sopravvivono aspettando la fine. Nella disperazione e nel combattimento, un attore fallito si riappropria della sua esistenza scrivendo alla madre che non c'è più. I ricordi, le paure e le frustrazioni del protagonista rivivono in quelle lettere immaginarie mentre a teatro - ultimo tempio di civiltà - un gruppo di attori tenta di mettere in scena la tragedia di Edipo. Un romanzo enigmatico, una riflessione sul destino dell'umanità avviata alla catastrofe. Ma la storia avrà un esito imprevedibile.
Una lettera dall'Olanda di Ugo Gimmelli
Non sapevamo giocare a niente di Emma Reyes
"Non sapevamo giocare a niente" è la storia, tenera e nostalgica insieme, della travagliata infanzia di Emma Reyes, racchiusa in ventitré lettere che la pittrice scrisse, a partire dal 1969, al suo amico Germán Arciniegas. Emma racconta la storia di una bambina senza padre né madre, frutto di una relazione proibita, tra abbandoni e scoperte, preghiere e paure. Un viaggio che la porterà da una misera stanzetta a una casa coloniale, da una bottega del cioccolato a un convento di clausura. Con un tono bizzarro e ingenuo e con l'ironia di chi si è lasciato tutto alle spalle, l'autrice affronta il proprio passato trasformandolo in un feroce e avvincente romanzo.
La metà dell'anima di Carme Riera
Il giorno di Sant Jordi, in Catalogna, si celebra la festa del libro. Una nota scrittrice sta autografando i suoi volumi quando un uomo le porge una cartellina e scompare. Solo dopo qualche mese ne scoprirà il contenuto: sono lettere d'amore, scritte tra il 1949 e il 1959 dalla madre a un amante lontano e adorato. Spinta da un'irrefrenabile curiosità che si fa urgenza, la donna si mette in viaggio. Da Barcellona a Parigi, da Avignone a Maiorca, il suo itinerario, tanto fisico quanto interiore, sarà alla ricerca dei segreti della madre: Cecília Balaguer, bellissima e assente, sempre elegante con il suo cappotto blu e il cappellino démodé, che appoggiava i dissidenti antifranchisti e conosceva Albert Camus. Stringendoci a poco a poco attorno alla figura di questa donna voluttuosa e sola, in bilico tra due vite e due paesi - tra la famiglia e un amore lontano, tra la Spagna della dittatura in cui vive da ricca signora e la Francia letteraria degli esuli e della Resistenza -, Carme Riera regala al lettore un palpitante thriller psicologico dove i personaggi storici hanno spesso a che fare con le vicende private della protagonista. Il romanzo è così anche un appassionato omaggio a una pagina drammatica - e per tanti versi ancora oscura - della storia europea.
Facciamo un gioco di Emmanuel Carrère
Cosa succede se uno scrittore scrive una lettera erotica alla propria amata e invece di spedirla la pubblica su "Le Monde"? Questo libro è una lettera pornografica indirizzata a seicentomila persone, un dispositivo erotico che non vuole lasciare nulla al caso e detta le regole del gioco a chi lo sta leggendo, una storia d'amore "interattiva" scritta per essere letta in treno. Carrère manipola il potere seduttivo della scrittura e approfitta dell'intimità che si crea tra scrittore e lettore, ma può succedere che il caso si intrometta e che il piacere solitario della lettura diventi un viaggio nel piacere tout court e il treno che ci trasporta un'alcova smisurata.
Per lettera di Iselin C. Hermann
Nel visitare la mostra di un pittore parigino, una donna danese resta colpitada una delle opere esposte e manda un biglietto all'autore, il quale, inaspettatamente, le risponde. Comincia così un'intensa corrispondenza in cui, a poco a poco, il desiderio diventa il vero protagonista: desiderio disvelarsi, di reinventarsi nel regno dell'immaginazione amorosa.
Le mani sull'amore di Sandro Lombardi
Un romanzo lungo una lettera… Reparto psichiatrico di un ospedale sul Tevere. Una lettera per temperare il dolore e la profonda depressione che hanno fatto seguito alla fine di una burrascosa relazione. Carlo è un artista di fama internazionale, Lucio gli si è messo a fianco prima come discepolo, poi come amante. E Carlo torna, con soprassalti di tenerezza, a rivisitare i momenti cruciali del progressivo abbandono all'amore, alla gelosia, alla dipendenza: il primo incontro, i viaggi tra Firenze e Roma, la scoperta dei luoghi dell'arte e i lunghi colloqui al tramonto. Tra presagi e inquietudini, la relazione ha messo a fuoco da subito il rovello della differenza di età, l'incombere della paura e della gelosia, l'ambiguità del discepolo che pensa alla carriera da artista ancora da formare. Nella sua stanza d'ospedale, accerchiato da una variegata umanità di dolenti, di folli, di santi, Carlo continua a scrivere e cerca di comprendere le ragioni della violenza e del distacco che sono succeduti all'amore. Da uno dei nostri più grandi uomini di teatro, una storia d'amore raccontata con straziante trasparenza.
Lettere persiane di Louis de Montesquieu
Desideroso di conoscere il mondo, il persiano Usbek, grande signore di Ispahan, parte con un amico, Rica, alla scoperta del mondo occidentale. Durante il loro lungo viaggio scambiano con diversi amici delle lettere per riferire loro le proprie impressioni sulla civiltà occidentale, sui costumi e sulla vita quotidiana di Parigi e per ricevere notizie dalla Persia, in particolare dall'harem di Usbek, a Ispahan, dove regna il disordine dopo la partenza del signore. Un terzo personaggio, Rhèdi, risponde loro da Venezia. Usbek fa dissertazioni sulla popolazione della terra, sui benefici della civilizzazione, sul diritto delle genti, sullo spirito di tolleranza, sulla decadenza dell'impero turco, sull'incomprensibilità della natura di Dio. Rica, a sua volta, descrive scene di vita parigina: l'Oèpra e la Comèdie, le passeggiate lungo le vie fra una folla variopinta, la curiosità dei parigini alla vista di questi stranieri, i capricci della moda. Rica e Usbek fanno scorrere dinanzi a noi tutta la storia della Francia dal 1711 al 1720, durante il regno di Luigi XIV e contemporaneamente vivono una storia d'amore e di morte. Le mogli di Usbek, abbandonate a se stesse nell'harem, tradiscono il marito e quest'ultimo, prima di rientrare in tutta fretta a Ispahan, ordina ai suoi eunuchi di uccidere le infedeli. Prima di avvelenarsi, Roxane, la moglie più amata, confessa a Usbek il suo amore per un altro uomo. Le Lettere persiane sono un piccolo capolavoro di umorismo, in cui trovano il loro equilibrio diverse componenti come l'esotismo, l'erotismo e l'elemento romanzesco, accanto a ben più profonde preoccupazioni sociologiche e filosofiche. La componente esotica orientale, assai di moda allora, serve a Montesquieu per nascondere il suo intento satirico, le sue critiche alquanto ardite contro la società del tempo. Sotto questa finzione epistolare l'autore abilmente si attacca con ironia alle manie, ai pregiudizi e agli abusi, traccia una serie di ritratti mordenti, non rispettando nessuno; fa il processo a tutto il regime e contro l'abuso dei privilegi della nobiltà e del clero. Montesquieu giudica amaramente la civiltà moderna, l'uso cattivo cui gli uomini rivolgono le nuove scoperte delle scienze e della ragione umana, rivelandosi uno spirito attento anche a fatti sociali nell'affrontare i problemi dello spopolamento, della schiavitù, delle colonie. Egli segna con questa opera la vittoria della nuova mentalità, l'inizio della "rivoluzione sociologica" , cioè la necessità di rendersi estraneo alla società in cui si vive e di osservarla dal di fuori e come se la si vedesse per la prima volta. Il procedimento di Montesquieu sarà sovente ripreso dai filosofi del XVIII secolo (in particolare da Voltaire), aperti agli ideali di libertà, di tolleranza e di giustizia.
Viaggio in Europa : epistolario 1925-1930 di Giuseppe Tomasi Di Lampedusa
Lettore onnivoro, profondo conoscitore delle letterature europee, frequentatore di musei e collezioni d'arte, appassionato consumatore di film, il giovane Lampedusa degli anni venti è una figura di geniale dilettante: lontanissimo da ogni forma di provincialismo all'italiana e perfettamente a suo agio nel gran mondo aristocratico del primo dopoguerra. Queste sue lettere degli anni venti, scritte ai cugini Casimiro e Lucio Piccolo dalle capitali europee (Parigi e Londra, ma anche Zurigo e Berlino), ne sono preziosa testimonianza.
Lettera sulla Toscana di Giorgio Manganelli
«Arte di far sorgere dal pretesto più insignificante una fontana di zampilli verbali, vortice di analogie, cascata d'invenzioni esilaranti». Così Calvino definisce lo stile di Giorgio Manganelli. «Lettera sulla Toscana» è uno scritto dell'estate del 1961, rimasto a lungo inedito e apparso solo nel 1993 su un quotidian.. In «Lettera sulla Toscana», parte dello scarno epistolario con la famiglia di origine, Manganelli racconta, o meglio pennella, il suo viaggio in cinque città: Prato, Pistoia, Lucca,Pisa e Volterra. E anche sulla Toscana riesca ad essere spiazzante. Volterra è difficile da raggiungere e si mangia una pessima bistecca, ma viene omaggiata con la definizione di Roma come «borgo tardo-etrusco alla periferia di Volterra». Pisa è una goduria, ma «Dio li maledica» i venditori di brigidini sul sagrato. Di Pistoia segnala come «la sola cosa straordinaria» la chiesa di San Giovanni Fuorcivitas e la sua madonna con l'aureola al neon. Definisce Lucca «una città dolcissima, con cose molto belle, ma educatamente moderate, non capolavori inquietanti ma squisitezza media». Di Prato accenna appena all'ex vescovo Fiordelli («A Prato, uno dice, che c'è? C'è il Vescovo, ma quello mica lo fanno vedere ai turisti...»), famoso per aver scomunicato come concubini negli anni Cinquanta una coppia di innamorati, ma poi magnifica la Chiesa di Santa Maria delle Carceri. E la chiesa di Prato, insieme a Pisa, è «la cosa più bella che ho visto nel mio viaggio».
Lettere ai familiari di Marco Tullio Cicerone
E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto di John Berger
"E i nostri volti, amore mio ... "è l'inizio di una lettera d'amore che l'autore firma di suo pugno e dedica ad ognuno di noi; un colloquio intimo con il lettore, lungo un percorso indisciplinato, che fonde saggistica, prosa e poesia, riflessione e racconto, frammenti presi dalla vita, ricchi di stimoli e intuizioni; una narrazione coinvolgente che pone a confronto con cose piccole e quotidiane, e con emozioni ritratte con un'intensità e una precisione folgoranti. Un cimitero sulla collina, la storia di Van Gogh, un quadro di Caravaggio. L'autore descrive ogni cosa come se la vedesse per la prima volta, e fa nascere nel lettore lo stupore di guardare il mondo in una luce nuova. Un diario intimo che è un'educazione sentimentale alla vita, denso degli interrogativi che attraversano l'esistenza di ogni uomo.
Lettere della giovinezza : dal carcere 1935-1943 di Vittorio Foa
Giovane antifascista proveniente da una famiglia della borghesia ebraica piemontese, Vittorio Foa venne arrestato il 15 maggio 1935 a Torino, su delazione dell'informatore dell'Ovra Pitigrilli. Poco dopo l'arresto fu trasferito a Roma, nel carcere di Regina Coeli e denunciato al Tribunale Speciale fascista. Due anni prima Foa era entrato in «Giustizia e Libertà» e ben presto aveva assunto un ruolo di primo piano nella cospirazione antifascista. Foa resterà in carcere fino al 23 agosto 1943. Negli otto anni, tre mesi e otto giorni di reclusione gli fu concesso di scrivere soltanto ai familiari più stretti. Nelle lettere selezionate per questa edizione, le riflessioni di Foa su se stesso e sulla sua esperienza carceraria si intrecciano con analisi storiche, economiche e letterarie che descrivono il suo modo di pensare e la sua educazione politico-intellettuale: una testimonianza chiave da trasmettere alle nuove generazioni.
Io sono l'ultimo : lettere di partigiani italiani, a cura di Stefano Faure, Andrea Liparoto, Giacomo Papi
2012. In Italia i partigiani ancora in vita sono circa cinquemila. Più di mille hanno risposto all'invito dell'Anpi e di Einaudi inviando una lettera all'Italia per raccontare un episodio vissuto durante la guerra di liberazione e mandare in extremis un messaggio di libertà alle nuove generazioni. Il libro raccoglie oltre un centinaio di queste lettere, selezionate in modo da essere geograficamente e politicamente rappresentative. Sono ricordi di vita e morte, di odio e amore, di torture, bombardamenti, rastrellamenti, ma anche di nascite e avventure, piene di notti al freddo e amicizia. Spogliati di ogni retorica celebrativa, restituiscono la verità umana di quella stagione e offrono una risposta a una domanda centrale alla luce dell'Italia che sarebbe venuta: ne valeva la pena?
Ultime lettere da Stalingrado
Queste lettere furono scritte da soldati tedeschi assediati nella sacca di Stalingrado nel dicembre 1942 e partirono con l'ultimo l'aereo per la Germania. Non arrivarono mai alle famiglie: Hitler le fece sequestrare per effettuare un sondaggio sul morale delle truppe. I dati statistici furono:
favorevoli alla condotta della guerra 2,1%
dubbiosi 4,4%
sfiduciati, contrari 57,1%
decisamente contrari 3,4%
senza opinione precisa, indifferenti 33,0%
La raccolta degli scritti doveva offrire materiale al fine di una pubblicazione sulla battaglia, ma l'ufficio della propaganda, dipendente dal Ministero presieduto da Joseph Goebbels, ne vietò la divulgazione in quanto "insopportabile per il popolo tedesco" e ne ordinò la distruzione; le poche lettere ritrovate sono state raccolte formando il contenuto del libro. L'interesse storico-politico del libro è largamente superato dal valore di testimonianza umana: parlano uomini votati alla morte, che prendono drammaticamente coscienza di se stessi, e tracciano con una laconica eloquenza, come di epigrafi definitive, un'immagine delle proprie vite e dei propri destini.
Lettere e taccuini di Regina Coeli di Mario Alicata
Gli anni del Politecnico : lettere 1945-1951 di Elio Vittorini
libro che attraversa la storia culturale e politica del primo dopoguerra in Italia, fino alla rottura tra Vittorini ed il P.C.I. I destinatari delle lettere sono i massimi esponenti della cultura italiana del tempo.
I fratelli di Soledad : lettere dal carcere di George Jackson
Il destino di George Jackson fu forse segnato sin dall'adolescenza: a quattordici anni fu arrestato per il furto di una borsetta e da allora la sua vita fu costellata da arresti, riformatori, rilasci provvisori e condanne definitive. A diciotto anni venne condannato per un furto di 70 dollari ad un distributore di benzina, sotto consiglio del suo avvocato si dichiarò colpevole di rapina di secondo grado per usufruire di alcune attenuanti, ma fu condannato ad una pena a tempo indeterminato, il Parole board. La vicenda personale di Jackson è di valore storico, sia perché la sua vita fu l'emblema del peggio che potesse accadere ad un nero nella società statunitense, sia perché - come già accadde ad altri giovani di colore - la reclusione forzata si rivelò un'arma a doppio taglio per il sistema: il carcere come luogo d'apprendimento ideologico e spazio fisico di resistenza rivoluzionaria; in carcere Jackson incontrò il comunismo e indirizzò la sua rabbia politicamente. La storia di Jackson assomigliò infatti a quella di molti giovani del ghetto costretti a “navigare” tra gli espedienti per sopravvivere e incriminati dalla «giustizia borghese». Per un giovane nero nel ghetto «la prima volta è sempre il crimine».
Lettera a un figlio su mani pulite di Gherardo Colombo
Che cos'è Mani pulite e, soprattutto, qual è oggi la sua eredità? L'ex giudice e sostituto procuratore della Repubblica di Milano Gherardo Colombo racconta gli anni drammatici e carichi di speranza che lo hanno visto tra i protagonisti della più importante inchiesta giudiziaria della recente storia d'Italia. A partire dal 17 febbraio 1992, giorno dell'arresto del presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, Mario Chiesa, Colombo racconta un'esperienza decisiva per la società italiana rivolgendosi per la prima volta a tutti quei ragazzi allora non ancora nati o ancora troppo giovani per comprendere quella stagione. "Lettera a un figlio su Mani pulite" diventa così l'opportunità di ripercorrere una vicenda che suscita tuttora slanci di consenso e sostegno; è il libro di un padre capace di trasmettere il senso ideale della giustizia e del rispetto delle regole; è l'occasione per ricostruire una stagione controversa consegnata ormai alla storia della nostra nazione, e da quello slancio urgente di giustizia ripartire per trovare soluzioni efficaci a problemi che sembrano ancora tragicamente attuali.
Fine pena: ora di Elvio Fassone
Una corrispondenza durata ventisei anni tra un ergastolano e il suo giudice. Nemmeno tra due amanti, ammette l’autore, è pensabile uno scambio di lettere così lungo. Questo non è un romanzo di invenzione, ma una storia vera. Nel 1985 a Torino si celebra un maxi processo alla mafia catanese; il processo dura quasi due anni, tra i condannati all’ergastolo Salvatore, uno dei capi a dispetto della sua giovane età, con il quale il presidente della Corte d’Assise ha stabilito un rapporto di reciproco rispetto e quasi – la parola non sembri inappropriata – di fiducia. Il giorno dopo la sentenza il giudice gli scrive d’impulso e gli manda un libro. Ripensa a quei due anni, risente la voce di Salvatore che gli ricorda: «se suo figlio nasceva dove sono nato io, adesso era lui nella gabbia». Non è pentimento per la condanna inflitta, né solidarietà, ma un gesto di umanità per non abbandonare un uomo che dovrà passare in carcere il resto della sua vita. La legge è stata applicata, ma questo non impedisce al giudice di interrogarsi sul senso della pena. E non astrattamente, ma nel colloquio continuo con un condannato. Ventisei anni trascorsi da Salvatore tra la voglia di emanciparsi attraverso lo studio, i corsi, il lavoro in carcere e momenti di sconforto, soprattutto quando le nuove norme rendono il carcere durissimo con il regime del 41 bis. La corrispondenza continua, con cadenza regolare – caro presidente, caro Salvatore. Il giudice nel frattempo è stato eletto al CSM, è diventato senatore, è andato in pensione, ma non ha mai cessato di interrogarsi sul problema del carcere e della pena. Anche Salvatore è diventato un’altra persona, da una casa circondariale all’altra lo sconforto si fa disperazione fino a un tentativo di suicidio. Questo libro non è un saggio sulle carceri, non enuncia teorie, è un’opera che scuote e commuove, che chiede come conciliare la domanda di sicurezza sociale e la detenzione a vita con il dettato costituzionale del valore riabilitativo della pena, senza dimenticare l’attenzione al percorso umano di qualsiasi condannato.
Lettere dei capelloni italiani, a cura di Sandro Mayer
Di funghi, di sassi, di ciclismo, di uomini...di Forno : lettere a Luciano di Massimo Michelucci
La vicenda di una comunità – Forno, paese delle Alpi Apuane – è resa dalla voce narrante di Massimo Michelucci che scrive di storia locale, storia di vicende comuni ad altre realtà. Interlocutore per la comunità e lo scrittore è Luciano della Mea, mentre il personaggio principale è Cesare, un apuano verace.
Lettere dall'Egeo : archeologhe italiane tra 1900 e 1950 di Giovanna Bandini
Le donne arrivano seconde. Sembra sempre questo il loro posto nelle professioni. Quando poi si tratta del mestiere dell'archeologo, che costringe ad allontanarsi fisicamente dal nido (e nodo) ancestrale di casa e famiglia, pare ancora più logico che le donne comincino in ritardo. Soltanto nella seconda metà del Novecento è iniziato un afflusso consistente delle donne in questo campo; riportare dunque all'attenzione i nomi delle donne archeologhe è a sua volta un lavoro paziente di scavo. Con questo libro, Giovanna Bandini cerca di recuperare la presenza delle italiane negli studi di archeologia, scegliendo il punto di vista delle testimonianze personali.
Il giardino dei dubbi : lettere tra Voltaire e Carolina de Beauregard di Fernando Savater
Una biografia-fiction del padre dell'illuminismo in forma di lettere immaginarie a una sua ammiratrice in cui il filosofo chiarisce la sua visione dell'ignoranza, delle superstizioni della lotta al fanatismo.
Legami e libertà : lettere di Lou Andreas-Salomé e Anna Freud
È Sigmund Freud a presentare la figlia Anna all'affascinante scrittrice Lou Andreas-Salomé per colmare l'assenza di una madre distante. Tra le due donne nasce un'inedita amicizia che prende corpo in un'appassionata corrispondenza. La trama di riflessioni su loro stesse e sul legame che le unisce si intreccia con un sentimento di affettuosa devozione che va oltre le parole per diventare scambio di attenzioni, visite e regali. Dalle lettere che si scrivono tra il 1922 e il 1937 emerge il ritratto di una Germania fiaccata dalle ristrettezze economiche e irretita dal nazismo, in cui l'unica via di fuga sembra essere l'attenzione alla natura e alla crescita interiore. Ma la vera protagonista di questo scambio epistolare è la psicoanalisi, che ha trovato nella comunità ebraica viennese l'ambiente ideale per imporre le sue idee rivoluzionarie. Su questo sfondo in cui si annodano le vite di analisti e pazienti, si legano i destini di Lou e Anna, l'una incarnando l'"eterno femminino" goethiano, l'altra emancipandosi dai modelli femminili dell'epoca. Da questo incontro nascerà un nuovo modo di vedere il lavoro analitico, non più confinato alla patologia, ma aperto alla comprensione della normalità e alla costruzione di una vita psichica autonoma, ricca di pulsioni, sogni e fantasie.
Epistolario 1865-1900 di Friedrich Nietzsche
L’intento della raccolta è di disegnare un ritratto di Nietzsche attraverso le lettere da lui inviate alla madre, alla sorella e agli amici che gli furono più intimamente vicini nelle vicende della vita e nello svolgimento del pensiero. Tra questi corrispondenti, accanto alla madre e alla sorella Elizabeth, il primo posto spetta a Richard Wagner, poiché a tutti è nota la grande importanza che Wagner ebbe nella vita di Nietzsche e che cosa siano stati per il giovane professore, quasi esule in Svizzera, i giorni trascorsi a Wahnfried, la villa di Wagner, di cui l'infelice autore del Zarathustra ebbe poi a dire « che furono i più lieti della sua esistenza ». Un gran posto nella vita di Nietzsche tennero pure Franz Overbeck e sua moglie. Autore della Cristianità dell'odierna teologia, Overbeck, a Basilea, per cinque anni fu il contubernale di Nietzsche, e gli rimase fedele sempre. L'insigne filologo ed ellenista Erwin Rohde fu tra i maggiori amici di Nietzsche. La loro amicizia ebbe origine negli anni universitari di Lipsia, movendo dalla comune ammirazione per Schopenhauer. Altra amicizia importante per Nietzsche fu quella di Jacob Burckhardt, l'autore della Civiltà del Rinascimento in Italia, che gli fu collega nell'Università di Basilea. Malwida von Meysenburg e Lou Salomé sono associate nella vita di Nietzsche, perché fu la prima di esse a presentargli nel 1882 a Roma la giovane ebrea finlandese. Lou Salomé fu forse la sola donna per cui Nietzsche nutrì un sentimento che, almeno per qualche istante, rasentò l'amore. Di Peter Gast, infine, che fu allievo di Nietzsche e poi suo segretario, la madre del filosofo ebbe a dire che, con Overbeck, Peter Gast fu il più fedele e devoto amico di suo figlio.
Lettere e testimonianze di Edgar Degas
Le lettere di Degas qui raccolte e le testimonianze dei contemporanei che le accompagnano costituiscono una guida per la comprensione di un artista tra i più significativi della pittura moderna.
"Tra gli impressionisti Degas è certamente il più eretico. Amava Ingres e Velàzquez, il disegno e la copia dagli antichi. La natura, al contrario, lo stordiva, lo soffocava. Così, mentre i colleghi uscivano all'aria aperta per catturare le vibrazioni luminose, per fermare il tempo in una sequenza di attimi, per cogliere la mutevolezza delle cose, Degas preferiva aggirarsi nelle strade di Parigi, tra i tavolini dei bistrot, entrare nei salotti, sostare nei ridotti dei teatri o sui divani di un bordello, spiare nell'intimità delle loro stanze donne nude, indifese, colte nelle loro pose segrete, nei loro rituali quotidiani, inconsapevoli che un implacabile voyeur le sta osservando. Il pennello, la matita, il pastello di Degas tracciano così i contorni e le coordinate di un reale senza enfasi, perché per lui la vita, da sola, ha già dell'incredibile: 'Il vero realista non dissimula niente, ma pone ogni cosa al suo posto; classifica, a seconda del grado di interesse, gli elementi che concorrono alla sua composizione; stabilisce in questo modo una scelta, e, se questa scelta è giudiziosa, è stile'. Ed è questo bisogno di veridicità, questo perpetuo desiderio di penetrare la forza e la consistenza della materia, di cogliere la sequenza ritmica dei movimenti, che ha spinto Degas a modellare, anche con la creta e con la cera, le forme dei suoi cavalli, le sagome delle sue ballerine, le curve dei corpi delle sue donne. 'Ciò di cui ho bisogno è di esprimere la natura...'" (Lorella Giudici)
Lettere di Paul Cézanne
La prima lettera di Cezanne che conosciamo si apre con un'immagine della pioggia e della primavera. L'ultima (se si esclude la nota di sollecitazione a un venditore di colori) inizia accennando alla pioggia e all'autunno. Tra le espressioni scherzose della prima, percorse da un'allegra, ironica compiacenza retorica, e quelle dell'ultima, secche e disadorne, dirette a una comunicazione senza convenevoli, c'è uno spazio di quasi cinquant'anni. Cezanne non cercava biografie e probabilmente pensava per le proprie lettere a un unico, privato destinatario, circostanza questa a cui dobbiamo, negli anni della maturità, la loro straordinaria asciuttezza, la loro assoluta mancanza di letteratura. Eppure queste carte si possono leggere come un diario psicologico dell' artista, tanto più rivelatore quanto più involontario e inconsapevole: una testimonianza di quel passaggio dall'eccedenza alla contrazione che si riconosce nella sua pittura e si intuisce nella sua vita. Per questo, in molti punti, diventano quasi una didascalia indiretta dei dipinti. Alle lettere giovanili, tra filastrocche e versi, subentrano quelle parigine, segnate da una progressiva concentrazione sui problemi della pittura. Al dialogo con Zola, nei confini di un'amicizia che si conclude con l'incomprensione, succede quello con Bernard, a cui Cezanne esprime le sue teorie artistiche più rivoluzionarie, o quello, il più commosso e trasparente, col figlio. Una corrispondenza dove arte e vita si manifestano e si identificano senza ornamenti, con indimenticabile intensità.
Querido doctorcito : lettere a Leo Eloesser di Frida Kahlo
Le lettere che Frida Kahlo scrisse a Leo Eloesser, suo dottore di fiducia e amico, non solo ripercorrono il calvario della sua malattia (Frida, da piccola, subì uno spaventoso incidente stradale, che le spezzò la spina dorsale e le cui conseguenze la tormentarono per tutta la vita), ma anche illuminano il suo appassionato, tormentato rapporto con Diego Rivera, e il suo impegno politico e civile in quello straordinario crogiulo di idee, di passioni che fu il Messico di quegli anni.
Vita, arte e rivoluzione : lettere a Edward Weston, 1922-1931 di Tina Modotti
Molti hanno tentato di raccontare la storia di Tina Modotti (nata a Udine nel 1896 e morta in circostanze misteriose a Città del Messico nel 1942), grande fotografa nel Messico post-rivoluzionario, militante nella guerra civile spagnola, una delle donne e delle artiste più rappresentative del Novecento, figura mitica già in vita e divenuta in seguito una delle icone del movimento femminista. Ma al di là delle rappresentazioni più o meno romanzesche, rimangono le lettere di Tina Modotti a Edward Weston, un artista che attraverso alcuni "ritratti immortali" ha saputo fermare per sempre la bellezza singolare della sua compagna e modella. L'epistolario, che va dal 1922 al 1931, anno in cui la Modotti è già a Mosca, inserita nel Soccorso Rosso Internazionale, le restituisce una dimensione privata che era stata cancellata dalla retorica del mito. Nelle lettere a Weston, l'interlocutore privilegiato, si colgono i conflitti, gli slanci e i tormenti di un'anima femminile perennemente in lotta tra "arte e vita", tra "passione e rivoluzione".
Divino Giovanni... : lettere a Comisso, 1919-1951 di Filippo de Pisis
Giuseppe Verdi e Teresa Stolz : un legame oltre la musica di Franco Donatini
Trent'anni di vita di Giuseppe Verdi, dall'incontro con la cantante Teresa Stolz fino alla morte. Un periodo particolarmente intenso sotto il profilo musicale, in cui il maestro compone capolavori come l'Aida, l'Otello e il Falstaff, dimostrando un'eccezionale creatività artistica fino a tarda età. Emergono la sua profonda vitalità, la capacità di emozionarsi, la disponibilità a mettersi in gioco sia dal punto di vista dell'innovazione musicale che da quello privato. La figura di Teresa Stolz è molto presente in questa fase della sua esistenza. Insieme amica e compagna, ammiratrice e forse amante, costruisce un rapporto dai contorni indefinibili, talora sfumati, eppure centrale della vita di Verdi. Il libro indaga per la prima volta su questo legame, cercando di svelare gli aspetti più segreti della relazione vissuta da Verdi quasi in triangolo con la moglie Giuseppina Strepponi. L'autore utilizza il registro della narrativa, che consente maggiore libertà e un più efficace approfondimento introspettivo dei personaggi e, partendo da lettere e documenti, sviluppa una grande storia d'amore complicata da debolezze, ripensamenti e sensi di colpa.
Nel mio cuore troppo d'assoluto : le lettere di Arturo Toscanini
Il grandissimo musicista, l'antifascista intransigente, l'amante appassionato: l'artista e l'uomo Toscanini, dagli esordi della sua carriera, così come ce lo rivelano queste lettere, un contributo fondamentale anche alla comprensione della vita musicale del XIX e XX secolo
Toscanini (1867-1957) è stato il più influente direttore d'orchestra del Novecento. Con la sua frenetica attività, condotta sempre ai massimi livelli in uno sterminato repertorio che non badava a frontiere nazionali, Toscanini non ha solo plasmato la vita musicale del Novecento, ma è stato anche un protagonista delle vicende del suo tempo. Il suo antifascismo lo spinse a un lungo esilio, interrotto solo dopo la fine della seconda guerra mondiale. La corrispondenza qui raccolta fa luce sui diversi risvolti di questa titanica avventura artistica e umana, mostrando che all'inflessibile rigore nell'attività musicale corrispondeva un'analoga intransigenza sul fronte politico e un grande amore per la letteratura e le arti visive.
Epistolario di Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss
Un sodalizio artistico, spesso un’alleanza, talvolta una complicità, forse mai una vera amicizia: per oltre vent’anni Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss lavorarono insieme, quasi sempre restando lontani, l’uno in Austria, l’altro in Germania. Di questo lavoro comune, da cui nacquero opere come Elettra, Il cavaliere della rosa, Arianna a Nasso, La donna senz’ombra, è rimasto un documento che ci appassiona in tutte le sue mille sfaccettature: un epistolario che abbraccia la fine della belle époque, la prima guerra mondiale, il dopoguerra in due Paesi sconfitti. Nelle loro lettere il poeta viennese e il compositore bavarese si scambiano idee e progetti, ma anche gioie e malumori, incoraggiamenti e rimproveri, disegnando ciascuno un autoritratto segreto e dando uno sfondo ideale alle opere nate dalla loro collaborazione, interrotta nell’estate del 1929 dalla morte improvvisa di Hofmannsthal, che stava lavorando al libretto di Arabella. «Una vera collaborazione tra due uomini maturi» aveva scritto Hofmannsthal il 16 settembre 1916 «sarebbe una rarità straordinaria ... ma abbiamo entrambi buona volontà, serietà, coerenza, e questo è più del misero “talento” di cui oggi è fornito ogni cialtrone». La meraviglia dei risultati di questa collaborazione, oltre che la complessità e la diversità dei due artisti, giustificano pienamente ciò che una volta scrisse Richard Alewyn: «Nella letteratura mondiale non c’è nulla che sia paragonabile a questo epistolario».
Gustav Mahler : ricordi e lettere / Alma Mahler
"Ho scritto questo libro molti anni or sono e l'ho fatto per una sola ragione: perché nessuno ha conosciuto Mahler meglio di me e non volevo che il ritmo incalzante della nostra esistenza mi facesse dimenticare esperienze vissute in comune e pensieri di rilievo espressi da Mahler." La lettura dei "Ricordi" di Alma Maria Mahler e delle lettere a lei indirizzate dal compositore durante i nove anni del loro matrimonio acquista un'importanza tutta particolare perché non si tratta delle memorie di una vedova vissuta a latere di un grande artista, ma di una donna fermamente impegnata nel destino della propria epoca, riflettente gli impulsi, positivi e negativi, di un'esperienza artistica e culturale che si proietta per oltre mezzo secolo. Dal primo incontro nel 1901 fino all'ultimo viaggio da New York a Vienna, Alma Mahler traccia un ritratto unico del grande compositore, senza idealizzarlo ma raccontandolo con l'onestà e l'affetto che hanno l'inconfondibile sapore della verità.
Furious love : Liz Taylor, Richard Burton : la storia d'amore del secolo di Sam Kashner, Nancy Schoenberger
Richard Burton e Liz Taylor: liti e passione, risse ed eccessi: si sono sposati due volte, due volte lei ha chiesto il divorzio, ma il loro legame indissolubile ha avuto fine solo con la morte. Il giornalista Sam Kashner e la poetessa e biografa Nancy Schoenberger raccontano la loro storia attraverso una raccolta di lettere che Elizabeth Taylor ha tenuto segrete per anni e che ha accettato di condividere, prima di lasciarci, per rendere omaggio a un amore straordinario.
Lettere d'amore al cinema di Ennio Flaiano
Cara Emi, sono le 5 del mattino... : lettere dal set di Vittorio De Sica
«Io spero che tu conserverai le mie precedenti lettere in modo ch’io alla fine del film possa avere una specie di diario del film stesso…».
È il 29 luglio 1960, il sesto giorno di riprese de La ciociara e Vittorio De Sica scrive una lettera a sua figlia maggiore, come farà quasi ogni giorno fino a film finito. Oggi Emi raccoglie in questo libro il ricco epistolario di suo padre dal set di quattro film: La ciociara (1960), Ieri, oggi, domani (1963), Matrimonio all’italiana (1964), I girasoli (1970). Avremo così il privilegio di conoscere le cronache di lavoro di un maestro del cinema: scopriremo i suoi entusiasmi, i momenti di stanchezza, i problemi sul set, il suo rapporto con gli attori. Scritte in modo personalissimo, ironico, affettuoso, queste lettere permettono di seguire in presa diretta un modo di fare cinema rimasto mitico.
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