sabato 1 luglio 2017



Di alcuni colori e di alcuni artisti di Matilde Stefanini

Perché Giovanbattista Tiepolo “sfrangiava” con il pennello il colore più scuro sulla parte più chiara già essiccata? E perché usava anche in affresco dei colori come cinabro, minio e blu di Prussia benché siano inadatti a questa tecnica pittorica? Come mai Leonardo nel suo trattato sulla pittura cita spesso due colori della gamma dei gialli, aloe cammellino e giallolino, trascurandone altri? Attraverso le opere di vari artisti, da quelli sconosciuti della preistoria, al romano Studius fino a Kandinskij o Hering, da Michelangelo e Veronese ai Cretti di Burri e a pittori viventi, si dipana la storia, anche chimica (quand’è che un colore si può definire naturale?), di alcuni colori tra i più usati fin da tempi remoti. Le lontane provenienze di determinati coloranti e pigmenti come il lapislazzulo, il blu egizio o lo sfolgorante orpimento, quali emergono dai trattati, da Plinio e Vitruvio passando per Eraclio, Teofilo, e i pittori/trattatisti come Cennino Cennini, Leonardo, Vasari e altri meno conosciuti, o i ricettari spesso anonimi, arrivando fino a Salvador Dalì, attestano l’interesse che avevano gli artisti per i materiali migliori allo scopo di valorizzare il loro talento e conseguire determinati effetti visivi.

Come il colore venisse percepito e usato nei diversi momenti storici, e le emozioni che provocava, lo si può comprendere anche dalle lettere o dai diari degli artisti: che senso hanno il rosso per Boccioni o il bianco per il divisionista Morbelli e l’azzurro del cielo provenzale per Monet? Turner si sforzerà fino alla fine di creare una luminosità che si potrà raggiungere solo con i colori/luce, quelli del televisore o degli strumenti elettronici, dove il giallo non è più un colore primario...
Il libro pone e chiarisce alcune questioni, sia di interesse specifico che generale sulla storia, manipolazione, visione e percezione dell’universo colore.

















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