giovedì 16 marzo 2017

La cucina del dottor Freud di James Hillman e Charles Boer
Ogni giorno, all’ora del pranzo, siamo costretti a subire vere e proprie nevrosi traumatiche. Panini, Coca-Cola, tramezzini e hamburger: è questa la vera psicopatologia della vita quotidiana, il vero disagio della civiltà. Quale miglior terapia di un libro di cucina freudiana, di questa lista di piaceri orali soddisfatti à la carte? Le ricette mescolano le migliori intuizioni della cucina viennese ai ricordi e alle riflessioni del padre della psicoanalisi. E, naturalmente, il gusto è dato da una straordinaria ironia. La cucina del dottor Freud è destinato ai golosi di aneddoti sui grandi della psicoanalisi, ma anche a quanti vorranno divertirsi a trasformare in piatti fumanti le proposte di questo singolare ricettario in salsa viennese.


Apparso negli USA nel 1985, questo spaesante cookbook freudiano, che sembrava solo un divertissement da psicanalisti consumati, alla luce della cibomania dilagante di oggi, si rivela in tutta la sua profetica attualità. E diventa una sorta di analisi dei lapsus, delle fissazioni, delle rimozioni, delle ossessioni, delle fobie di homo dieteticus. Cioè il cittadino globale che ha fatto del cibo il vero luogo della libido. Nel libro, attraverso i frammenti di lettere, appunti biografici, testi della figlia Anna messi insieme da Hillman e Boer, emerge un Freud severo verso se stesso e feroce verso i suoi seguaci, colpevoli di aver ridotto la pratica analitica a un formulario di ricette precotte, a «cucina psicologica freudiana ». E il padre della psicanalisi se la prende anche con i medici che, in generale, non sanno mangiare e hanno sublimato le loro frustrazioni orali con tetre ammonizioni. Per cui, conclude, «noi dovremmo mangiare come le mucche e i cavalli, vale a dire verdure crude, cereali integrali, pasti misurati, equilibrati. Quelle famose diete equilibrate, che generano menti squilibrate». E aggiunge che in fondo tutti i protagonisti dei suoi casi clinici più celebri avevano trasformato i totem alimentari in tabù. Anna O. si nutriva unicamente di arance. Dora era una «mediocre mangiatrice e rivendicava il suo disinteresse per qualsiasi cibo». Mentre Miss Lucy R. era afflitta da strane dis-percezioni olfattive. In questo senso la ricetta del fegato d'anitra isterica che si trova nel libro è idealmente dedicata a loro. … Il libro propone un menu ricchissimo fatto di transfert, nonsense, giochi linguistici davvero gustosi. Dalle fettuccine libido, al barattolo di déjà-vu, dalla crostata edipica alla torta paranoica. Sono a tutti gli effetti ricette vere, che mescolano tradizione viennese, gastronomia ungherese, umori yiddish. 

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