La cucina del dottor Freud di James Hillman e
Charles Boer
Ogni giorno, all’ora del pranzo, siamo costretti a subire
vere e proprie nevrosi traumatiche. Panini, Coca-Cola, tramezzini e hamburger:
è questa la vera psicopatologia della vita quotidiana, il vero disagio della
civiltà. Quale miglior terapia di un libro di cucina freudiana, di questa lista
di piaceri orali soddisfatti à la carte? Le ricette mescolano le
migliori intuizioni della cucina viennese ai ricordi e alle riflessioni del
padre della psicoanalisi. E, naturalmente, il gusto è dato da una straordinaria
ironia. La cucina del dottor Freud è destinato ai golosi di aneddoti sui
grandi della psicoanalisi, ma anche a quanti vorranno divertirsi a trasformare
in piatti fumanti le proposte di questo singolare ricettario in salsa viennese.
Apparso negli USA nel 1985, questo spaesante cookbook
freudiano, che sembrava solo un divertissement da psicanalisti consumati, alla
luce della cibomania dilagante di oggi, si rivela in tutta la sua profetica
attualità. E diventa una sorta di analisi dei lapsus, delle fissazioni, delle
rimozioni, delle ossessioni, delle fobie di homo dieteticus. Cioè il cittadino
globale che ha fatto del cibo il vero luogo della libido. Nel libro, attraverso
i frammenti di lettere, appunti biografici, testi della figlia Anna messi
insieme da Hillman e Boer, emerge un Freud severo verso se stesso e feroce
verso i suoi seguaci, colpevoli di aver ridotto la pratica analitica a un
formulario di ricette precotte, a «cucina psicologica freudiana ». E il padre
della psicanalisi se la prende anche con i medici che, in generale, non sanno
mangiare e hanno sublimato le loro frustrazioni orali con tetre ammonizioni.
Per cui, conclude, «noi dovremmo mangiare come le mucche e i cavalli, vale a
dire verdure crude, cereali integrali, pasti misurati, equilibrati. Quelle
famose diete equilibrate, che generano menti squilibrate». E aggiunge che in
fondo tutti i protagonisti dei suoi casi clinici più celebri avevano
trasformato i totem alimentari in tabù. Anna O. si nutriva unicamente di
arance. Dora era una «mediocre mangiatrice e rivendicava il suo disinteresse
per qualsiasi cibo». Mentre Miss Lucy R. era afflitta da strane dis-percezioni
olfattive. In questo senso la ricetta del fegato d'anitra isterica che si trova
nel libro è idealmente dedicata a loro. … Il libro propone un menu ricchissimo
fatto di transfert, nonsense, giochi linguistici davvero gustosi. Dalle
fettuccine libido, al barattolo di déjà-vu, dalla crostata edipica alla torta
paranoica. Sono a tutti gli effetti ricette vere, che mescolano tradizione viennese,
gastronomia ungherese, umori yiddish.
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