Marcinelle, 1956 : quando la vita valeva meno
del carbone di Toni Ricciardi ; con un capitolo di Annacarla Valeriano sulla
tragedia tra cronaca, documenti e immagini
Marcinelle è comunemente
riconosciuta come la catastrofe per antonomasia degli italiani all’estero. Non
fu la prima né l’ultima, ma rappresenta uno dei tasselli più dolorosi del
variegato mosaico della migrazione italiana nel mondo. L’incendio nella miniera
di Marcinelle, avvenuto l’8 agosto 1956 – nel quale morirono 262 lavoratori di
dodici nazionalità, tra cui 136 italiani –, non costituì solo l’ennesimo
tributo di migranti allo sviluppo economico europeo, ma anche il momento più
drammatico di un’intera epopea migratoria. Alla faticosa ricerca di un nuovo
assetto istituzionale e in una condizione di incertezza totale sul proprio
futuro, l’Italia, fin dal 1946, aveva gettato le basi organizzative di uno dei
più imponenti sistemi di esportazione di manodopera che la recente storia
occidentale ricordi. Le piazze e i bar dei paesini, da Nord a Sud, furono
tappezzati di manifesti rosa che incitavano a partire per le miniere del
Belgio. Parallelamente ai centri di emigrazione, si sviluppò anche la rete dei
trafficanti di migranti. Regolari o irregolari, l’importante era che fossero
tanti, un esercito chiamato a combattere la «battaglia del carbone», scavando
nelle viscere della terra quella risorsa necessaria al rilancio economico
dell’Europa. Molti, dopo i primi mesi, rimpatriarono o furono arrestati per il
rifiuto di sottostare alle condizioni disumane su cui Bruxelles e Roma si erano
accordate: un flusso di almeno 2000 minatori a settimana, in cambio di una
fornitura di carbone, che però non arrivò mai. Oggi, a sessant’anni da quella
tragedia, è venuto il momento di stabilire un rigoroso bilancio storiografico,
di diffondere le testimonianze più dirette e toccanti, di rivisitarne le
drammatiche immagini e di ripristinare una memoria collettiva all’altezza di
quella dolorosa tragedia, in cui si riscoprono momenti e contesti che per molti
aspetti assomigliano alle tristi pagine attuali di cronaca delle migrazioni.
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