Il motivo
ricorrente in questi racconti scritti dal più bizzarro e controverso degli
scrittori russi è un Cremlino di zucchero che viene volta a volta venduto,
mangiato, restaurato, imbiancato o insozzato, luogo di un potere fermo agli zar
e ai loro usi, dove l’antico e il nuovo dispotismo fanno tutt’uno e gli echi
del passato si mischiano con invenzioni e truffe della postmodernità. Estremo
nipotino di Gogol’ (ma anche degli umoristi dei primi anni della rivoluzione),
Sorokin ha letto molta fantascienza, non solo russa, e sa confrontare vecchio e
nuovo e vedere nel nuovo la permanenza del vecchio e del suo peggio. Dalla
fabbrica alla stalla, dalla corte al bordello, giù fino all’underground dove si
meditano o attuano vendette, i personaggi sono boiardi e boia, nuovi ricchi e
miserabili, oligarchi e i loro servi e aguzzini, e la piccola gente senza
storia ma soffocata e mutata da una storia che è sempre storia del potere. Un
libro da leggere come un'enciclopedia dell'anima russa: un "cocktail a
base di vodka, neve e sangue... con qualche cucchiaino di zucchero".
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