martedì 4 aprile 2017

Tante piccole sedie rosse di Edna O'Brien


In una cittadina irlandese immaginaria dove la monotonia dei giorni è pari solo alla bellezza della natura e al rispettoso timore di Dio, irrompe un misterioso straniero. Comincia così, quasi come una ballata, il diciassettesimo romanzo di Edna O’ Brien, Tante piccole sedie rosse. Ottantasette anni, una delle scrittrici più celebri e ribelli del paese (sei suoi romanzi sono stati proibiti), non perde la voglia di raccontare l’inquietudine delle «ragazze di campagna» nella sua isola verdissima e turbolenta. Stavolta la protagonista è una donna sposata con un marito più anziano, incapace di guizzi, se non quello di biascicarle quanto è bella e leale, ogni tanto, con voce impastata dallo sherry. Si chiama Fidelma, ama leggere romanzi ed è pronta ad ardere come un ciocco. Ovviamente il forestiero che si presenta come guaritore, sessuologo, conoscitore di erbe e fragilità femminili, è un perfetto acciarino per il falò della passione. Bastano alcune passeggiate con parole accorte, il calore magnetico delle sue mani, perché Fidelma riscopra la dolcezza tormentosa dell’amore. Per la quale, tuttavia, dovrà pagare un prezzo salato. Non solo perché è sposata, ma anche perché lo straniero viene dai Balcani e ha un mostruoso passato di criminale di guerra nell’assedio di Sarajevo. Il titolo del romanzo allude alle 11541 sedie rosse che furono disposte nel 2012 sul principale corso di Sarajevo per commemorare le vittime dei cecchini durante l’assedio. Dopo la prima parte, la protagonista affronta una dolente espiazione tra migranti e marginali nella Londra cinica che vuole la Brexit, e poi, nella terza parte, a fronteggiare il mistero del male all’Aja, nel tribunale internazionale dove si processano i crimini contro l’umanità.  

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