Angelica e le comete di Fabio
Stassi
Un libraio d’antiquariato nel
quartiere di San Lorenzo a Roma che ricorda un vecchio angelo di Frank Capra.
Un bibliotecario che soffre di uno strano malessere. Una lettera di Gesualdo
Bufalino. E un libro magicamente ritrovato: il primo che Fabio Stassi avrebbe
voluto scrivere, ma che ha sempre rimandato. Eppure sul frontespizio c’è il suo
nome. Sotto a un titolo misterioso: Angelica e le comete. Vi si narra di
una compagnia di marionette in viaggio che se ne va in giro lungo le coste
della Sicilia su un carro zeppo di pupi, paladini e saraceni ma anche diavoli,
ippogrifi, angeli, cinquanta attori di legno, tutti tenuti a lustro con
scimitarre fiammanti ed elmi e pennacchi multicolori. Il padrone è Lo Spagnolo,
scontroso ed esigente: conosce tante lingue ma non sa leggere. Lo aiuta
Bruciavento, un gigante dal passato burrascoso. Ma la vera attrazione del
teatro è una donnina dalle dimensioni di una marionetta, che le comari del suo
paese pensavano fosse figlia del diavolo o della Luna. È «la sola Angelica in
carne e ossa di tutto il Regno» e anche se il padrone la maltratta a lei basta
ballare, mentre tutte le altre marionette la amano. Soprattutto una, un piccolo
legno senza voce e senza armatura: Ardesio. Un giorno il carro dello Spagnolo
arriva nel paese di Kalamet, proprio al tempo in cui un’altra carovana passa
per l’Isola: Garibaldi e i suoi Mille.
Questa storia ariostesca di donne cavalieri d’armi e d’amori, di cortesie e audaci imprese, è una favola triste, una pantomima di parole che sanno di infanzia e di tradizione, di malinconia e magia, quella che solo un teatro di marionette come l’opera dei pupi può dare.
Questa storia ariostesca di donne cavalieri d’armi e d’amori, di cortesie e audaci imprese, è una favola triste, una pantomima di parole che sanno di infanzia e di tradizione, di malinconia e magia, quella che solo un teatro di marionette come l’opera dei pupi può dare.
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