lunedì 8 maggio 2017

Mapocho di Nona Fernandez



La scintilla narrativa è il ritorno della Bionda a Santiago. L’Indio, il fratello con cui ha vissuto in passato un amore incestuoso, la cerca e la invita a tornare a casa, dopo la morte della madre di entrambi, che li ha separati. Lei e il fratello, come altri personaggi, sono fantasmi che vagano tra le macerie di Santiago, hanno contorni poco definiti, sono quasi proiezioni oniriche e il romanzo è un labirinto di ricordi, segreti e bugie; nel reticolo di storie una riguarda anche il Colonnello (ovvero l’immondo Augusto Pinochet), beccato dai suoi stessi militari, non in alta uniforme, ma con parrucca, vestaglia di seta rossa, scarpe intonate e mutandine di pizzo nero al vento, in compagnia delle «pazze», allegra combriccola di travestiti.
 Nel Mapocho, fiume della capitale cilena, finirono molti corpi senza vita dopo il colpo di Stato del 1973 che depose Salvador Allende: un corso d’acqua pieno di liquami, tutt’altro che limpido, metafora di una ferita non rimarginabile, di una nazione forse irredimibile.

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