Ranieri, Benincasa e il Barbarossa : peripezie di un culto
nella Pisa dei secoli 12.-14. di Mauro Ronzani
Ranieri, un laico pisano, visse a
lungo come eremita e penitente in Terrasanta. Tornato a Pisa verso il 1153/54,
vi acquistò fama di predicatore e guaritore, e morì il 17 giugno 1160. La sua
vita, e i miracoli da lui compiuti prima e dopo la morte, furono messi per
scritto nell’estate del 1161 dai canonici del Duomo di Pisa, dove egli era
stato tumulato. Poco dopo, la città e la Chiesa di Pisa si trovarono di fronte
ad una grave decisione: mantenere la stretta e vantaggiosa alleanza con
l’imperatore Federico I Barbarossa significava togliere l’obbedienza a papa
Alessandro III, e concederla al papa “scismatico” riconosciuto dal Barbarossa.
Benincasa, canonico della cattedrale e vecchio “allievo” di Ranieri, fu il più
deciso sostenitore di questa decisione e, per convincere i Pisani, nel 1165
riplasmò profondamente la biografia di Ranieri, facendone una sorta di “nuovo
Gesù Cristo”, dotato dal Padre del potere di scacciare i demoni. La vita di
Ranieri così rielaborata rimase l’unica fonte di informazione sulle azioni
compiute da questo “santo”, che non fu mai “canonizzato” dalla Sede Apostolica,
ma dalla seconda metà del secolo XIII tornò ad essere intensamente venerato dai
Pisani. Le “peripezie” del suo culto si sarebbero concluse solo nel secolo
XVII, quando Ranieri fu proclamato “patrono celeste” della città e della Chiesa
di Pisa
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