martedì 13 giugno 2017



Notte fatale di Stanley Ellin
Dopo aver assistito al pestaggio del padre, il sedicenne George LaMain decide di vendicarlo e di uccidere l’uomo che lo ha umiliato pubblicamente. Tornato a casa, si impadronisce della pistola del padre e si mette sulle tracce del picchiatore, un noto giornalista sportivo che ha agito spinto da oscuri motivi. George esce in strada, si inoltra nella città deciso a scovare l’uomo, ma prima di compiere la sua vendetta dovrà attraversare la sua personale discesa all’inferno, una brusca iniziazione all’età adulta in cui, come in una moderna odissea ambientata tra le vie e i luoghi segreti di Manhattan, conoscerà un mondo di attrazioni e perdizioni, un vortice onirico e sanguinoso fatto di night club, bar, prostitute e ninfomani. Opera del 1948 al crocevia tra il noir alla Simenon (o alla Chabrol) e il bildungsroman in chiave pulp, Notte fatale fu il romanzo d’esordio e il primo vero successo di Stanley Ellin, tradotto in diciotto paesi. Tre anni dopo, il film tratto dal libro con il titolo La grande notte, diretto da Joseph Losey e interpretato da John Barrymore, gli diede fama internazionale.

Raffinato traduttore di Chandler, Hammet, Miller e altri cominciò la sua carriera di scrittore verso i cinquant’anni. Viaggiatore instancabile, si trasferì prima a Milano, poi in Scandinavia e infine, in America. Nonostante avesse lasciato presto Napoli la elesse a luogo unico per l’ambientazione dei suoi romanzi quasi a non voler tagliare definitivamente i ponti con la sua città natale e con il suo mare, quel mare che avrebbe accolto le sue ceneri. Nonostante il numero relativamente basso di libri pubblicati, Veraldi ha saputo raccontare con arguzia ed eleganza la realtà napoletana, inquadrare e rendere familiari personaggi come Sasà Iovine e Corrado Apicella. Il primo romanzo, La mazzetta uscì nel 1976. Primo vero esempio di narrativa hard-boiled ambientata a Napoli, racconta la storia di un commercialista che entra nel “giro” per ricevere anch’egli la mazzetta in cambio dei suoi servigi. La trasposizione cinematografica di Sergio Corbucci del 1978, che ebbe come interpreti gli indimenticati Nino Manfredi e Ugo Tognazzi, rispecchia solo nel titolo il vero senso del romanzo di Veraldi.

Naso di cane di Attilio Veraldi
"Naso di cane" è la storia livida, colorita, martellante, feroce, di quella guapperia perversa che è la camorra industrializzata dei nostri giorni, con il suo bilancio di cadaveri, in una Napoli vasta e agghiacciante, spoglia di ogni pittoricismo, nella quale si aggira come un segugio il commissario Corrado Apicella. Ma in questa triste atmosfera da bassifondi di tanto in tanto interviene il momento, tanto più inaspettato quanto più coinvolgente, dell'amore.
Quando nel 1978 Olivieri pubblicò il suo primo romanzo giallo, Il caso Kodra, il pubblico italiano fece la conoscenza di un nuovo ed interessantissimo protagonista della crime-story: il   commissario Ambrosio (che nella trasposizione cinematografica di uno dei romanzi verrà interpretato da Ugo Tognazzi). Giulio Ambrosio è un personaggio realistico: introverso, un po’ malinconico, amante del bello e buon conoscitore d’arte (di cui l’autore era grande appassionato). Il suo metodo investigativo è tutt’altro che intuitivo: il commissario è fautore di un sistema di indagini quieto e paziente, che crede sì alle prime impressioni, ma assai di più al racconto dei testimoni del crimine.
Il dio danaro di Renato Olivieri
Milano, ultima domenica di agosto, la città ancora semideserta. Dopo un violento temporale, il portinaio di un elegante condominio di via della Passione scopre in cortile il cadavere di Andrea Olcese. È fradicio d'acqua, sull'acciottolato una macchia di sangue slavata dalla pioggia recente. Il finanziere deve essere precipitato dalla finestra dello studio del suo lussuoso appartamento al terzo piano, l'unico in tutto il palazzo le cui persiane non siano chiuse. Un suicidio, apparentemente. Ma la finestra da cui si sarebbe gettato Olcese è chiusa. Da chi è stato ucciso, allora? E perché? Olcese era ricchissimo, ma non sembrava avere nemici: vedovo di una moglie bellissima, aveva un figlio, un tipo "strambo", con velleità artistiche, anche lui morto in circostanze non chiare. Conduceva una vita riservata, tranquilla, solo casa e lavoro. Eppure qualche nodo oscuro nella sua esistenza doveva esserci. Per scoprirlo il commissario Ambrosio dovrà addentrarsi nel mondo dell'alta finanza, e imparare a decifrarlo.

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