Sottocoperta di Vladimir Arsenijević
L’esordio narrativo di Arsenijević che
gli valse nel 1994 il Premio NIN. Bestseller tradotto in oltre venti lingue, è
un disincantato, irriverente affresco della Belgrado dei primi anni Novanta, una città chiaroscurale che sprofonda nella crisi
economica e nei deliri nazionalistici. Vediamo agitarsi spettri metropolitani
in forma di outsiders, un piccolo
esercito di soldati Sc'vèik che cerca di sfuggire alla coscrizione obbligatoria
e si consuma quotidianamente in un disperato, nichilistico autocompiacimento
e nell’abuso di droghe. Tuttavia, in
questo condensato di speranze tradite e soffocata ribellione, ritroviamo una
verace testimonianza della meglio gioventù belgradese dell’era Milošević e di
una controcultura da cui si sprigionò quella stessa vitalità letteraria che
impose sulla scena Arsenijević e altri interessanti scrittori della sua
generazione.
Serbia hardcore di Dusan Velickovic
Brillanti e beffarde, colte e
irriverenti, queste short stories veri e
propri "racconti dal vivo"
- vanno quasi a comporre un romanzo in
frantumi e narrano di un luogo
chiamato Belgrado, di un Paese chiamato Serbia in una travagliata
fase di transizione. Velickovic presta la propria voce a una comunità lacerata,
che vive in bilico tra un "passato che non è mai passato" e dal quale
si ereditano conflitti, tragedie e triviali derive nazionalistiche, e un futuro
appeso a un filo di incertezza e scetticismo che dovrà
sciogliere il dilemma di una colpa collettiva. Acuto interprete
degli umori, delle sensazioni e dei sogni nascosti di una città intera, così
come del proprio spaesamento, l'autore è un intellettuale che ancora pratica il
"conosci te stesso" pur se con laconico disincanto. La medesima
disillusione con cui denuncia un regime che soffoca critica e dissenso, e un
Occidente libero e democratico che getta bombe "intelligenti" nel
cortile di casa sua. Una confessione che è
insieme testimonianza civile e autoterapia, sguardo amaro e perdutamente
ironico gettato sul presente da un
luogo che in realtà è un vizio irrinunciabile. Questo vizio
si chiama Belgrado.
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