mercoledì 12 luglio 2017

Un dramma borghese di Guido Morselli

La storia dell’amore impossibile fra un padre  e una figlia che quasi non si conoscono e si ritrovano insieme in un albergo sul lago di Lugano. Il padre è giornalista, uomo disincantato, lucido, pieno di soprassalti della memoria, di occultate amarezze e nostalgie, ma al tempo stesso con qualcosa di adolescente, acerbo; la figlia è una ragazza di diciotto anni, che è stata messa in collegio dopo la morte della madre e ben poco ha visto del mondo, ma vive una sua  vita  piena di fantasticherie e di passioni avvolgenti. La loro convivenza in albergo sviluppa, fatalmente, un terribile amore:  soprattutto da parte della figlia, prorompente e ingenua, eppure dotata di una strana maturità. Questa figlia, infatti, non gli si vuole offrire come amante, ma come moglie, e oltre tutto come una moglie protettiva, conscia di quel lato infantile che al padre, poi, appartiene realmente. Diviso fra l’attrazione e la ripulsa per questa «calamità» che si abbatte  sulla sua vita il padre crede di sfuggire all’incesto buttandosi in una rapida avventura con un’amica della figlia. Ma questo non farà che aiutare il gioco a precipitare nel dramma. La vicenda ha luogo in un tempo sospeso, che può essere anche oggi. Il décor svizzero è accennato con pochi, sapientissimi tocchi, come anche una certa atmosfera di morosità lacustre in cui è immersa la vicenda. Domina, invece, l’opera paziente dello scandaglio psicologico, l’indagine sulle ombre della psiche, sui guizzi dei desideri… Spostando continuamente la luce dal giornalista, convinto di essere corazzato dall’esperienza, alla giovane figlia, che alla vita non ha fatto ancora in tempo neppure a esporsi, Morselli riesce a delineare con straordinaria finezza quella   zona   intermedia   in   cui   questi  due


personaggi, fino allora vissuti in mondi senza contatto, si incontrano e si scoprono fino a scoprirsi complici e a spaventarsi della  propria complicità, sfuggendola e ricadendovi in un circolo senza uscita.



Il commissario Hunkeler e l'amuleto di Hansjorg Schneider

Basilea, città svizzera di confine  tra Francia e Germania, crocevia di traffici internazionali, legali e illegali. In un vecchio appartamento giace il cadavere di una donna turca con il volto sfigurato. Al collo, un amuleto raffigurante una coppia in barca. Il marito viene subito arrestato, per la polizia il colpevole è lui, inutile indagare oltre – per la polizia, ma non per il commissario Hunkeler, intimamente persuaso della sua innocenza. Senza un mandato esplicito  Hunkeler comincia a interrogare vicini di casa e conoscenti della vittima e a frequentare i bassifondi del quartiere in cui è avvenuto l'omicidio. È ossessionato dal volto sfigurato della giovane donna, come se, per il solo  fatto di averlo visto, avesse contratto un debito con lei. Stretto tra questa ossessione e l'ottusa arroganza del collega Madörin e dei suoi superiori, il disilluso ma tenace commissario Hunkeler ci offre in questo romanzo una bella lezione sull'arte di investigare, e non solo: per uscire dal  labirinto bisogna essere disposti  a  perdersi, ad aspettare, a rinunciare alle certezze più rassicuranti e a calarsi nella realtà senza pregiudizi, quasi che, per ragionare bene, fosse necessaria una buona dose di irragionevolezza. L'amore di  una  donna solare e indipendente come la sua Hedwig, infine, aiuterà Hunkeler a reggere anche i colpi più duri.

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