Un dramma borghese di Guido Morselli
La storia dell’amore impossibile fra un padre e una figlia che quasi non si conoscono e si
ritrovano insieme in un albergo sul
lago di Lugano. Il padre è giornalista, uomo disincantato,
lucido, pieno di soprassalti della
memoria, di occultate amarezze e
nostalgie, ma al tempo stesso con qualcosa di adolescente,
acerbo; la figlia è una ragazza di diciotto anni, che è stata messa in collegio
dopo la
morte della madre e ben poco ha visto del mondo, ma vive una sua vita piena di fantasticherie e di passioni
avvolgenti. La loro convivenza in albergo sviluppa, fatalmente, un terribile
amore: soprattutto da parte della
figlia, prorompente e ingenua, eppure dotata di
una strana maturità. Questa figlia, infatti, non gli si vuole offrire
come amante, ma come moglie, e oltre
tutto come una moglie protettiva,
conscia di quel lato infantile che al padre,
poi, appartiene realmente. Diviso fra l’attrazione
e la ripulsa per questa «calamità»
che si abbatte sulla sua vita il padre crede di sfuggire all’incesto
buttandosi in una rapida avventura con un’amica della figlia. Ma questo non farà che aiutare il gioco a precipitare nel dramma. La
vicenda ha luogo in un tempo
sospeso, che può essere anche oggi.
Il décor svizzero è accennato con pochi,
sapientissimi tocchi, come anche una certa atmosfera di morosità lacustre in cui è immersa la vicenda. Domina, invece,
l’opera paziente dello scandaglio psicologico, l’indagine sulle ombre della
psiche, sui guizzi dei desideri…
Spostando continuamente la luce dal giornalista, convinto di essere corazzato dall’esperienza, alla
giovane figlia, che alla vita non ha fatto
ancora in tempo neppure a esporsi, Morselli riesce a delineare con
straordinaria finezza quella zona intermedia in cui questi
due
personaggi, fino allora vissuti in mondi senza contatto, si incontrano e si
scoprono fino a scoprirsi complici e a spaventarsi della propria complicità, sfuggendola e ricadendovi
in un circolo senza uscita.
Il commissario
Hunkeler e l'amuleto di Hansjorg Schneider
Basilea, città svizzera di confine tra Francia e Germania, crocevia di traffici
internazionali, legali e illegali. In un vecchio appartamento giace il cadavere
di una donna turca con il volto
sfigurato. Al collo, un amuleto
raffigurante una coppia in barca. Il marito viene subito arrestato, per la
polizia il colpevole è lui, inutile indagare oltre – per la polizia, ma non per il commissario Hunkeler,
intimamente persuaso della sua innocenza. Senza un mandato esplicito
Hunkeler comincia a interrogare vicini di casa e conoscenti della vittima e a frequentare i bassifondi del quartiere in cui è avvenuto l'omicidio. È ossessionato dal volto sfigurato
della giovane donna, come se, per il solo fatto di averlo visto, avesse contratto un
debito con lei. Stretto tra questa
ossessione e l'ottusa arroganza del collega Madörin e dei suoi superiori, il
disilluso ma tenace commissario Hunkeler ci offre in questo romanzo una bella
lezione sull'arte di investigare, e non solo: per uscire dal labirinto
bisogna essere disposti a
perdersi, ad aspettare, a
rinunciare alle certezze più rassicuranti e a calarsi nella realtà
senza pregiudizi, quasi che, per ragionare bene, fosse necessaria una buona
dose di irragionevolezza. L'amore di
una donna solare e indipendente
come la sua Hedwig, infine, aiuterà
Hunkeler a reggere anche i colpi più duri.
Nessun commento:
Posta un commento