venerdì 25 agosto 2017

E adesso pover'uomo? di Hans Fallada
Le vicende di un giovane commesso, di sua moglie, del loro bambino. Una famiglia come tante della piccola borghesia tedesca alle prese con le crescenti difficoltà economiche e con lo spettro della disoccupazione. Sullo sfondo una Germania che si avvia verso il Nazismo.
Dalla seconda di copertina della prima edizione italiana (Mondadori, 1933) una che sembra una frase scritta oggi :
“In un mondo nel quale si possono contare circa venti milioni di disoccupati e in un paese dove la gioventù che esce dalle scuole si vede sbarrata ogni via e ogni occupazione proficua, la storia di un disoccupato diventa quasi simbolica e ci interessa di per sé”.

«È da persone come queste, come i coniugi Pinneberg – modesti pazienti onesti – che sono venuti fuori i nazisti?», induce a chiedersi Beniamino Placido, a commento di E adesso, pover’uomo? Fu pubblicato nel 1932, nella Germania di Weimar già presa nel vortice che l’avrebbe piombata nel Nazismo. Ottenne in pochi mesi vette di vendita altissime, tradotto subito in dieci paesi: tra cui l’Italia dove giunse in una versione edulcorata nel linguaggio, privata di scene pruriginose, rieducata politicamente. Sul lettore di oggi che sa come andò a finire, il libro fa più o meno l’effetto di un ultimo urlo lanciato ai posteri appena prima che sia caduta la notte. Hans Fallada, l’autore, apparteneva alla tendenza artistica della Nuova Oggettività, un neorealismo che si prefiggeva di rappresentare l’esistenza concreta. Ed infatti messa in scena è la crisi del piccolo borghese tedesco, stretto in un disagio angosciosamente privo di percepibili vie di uscita: quasi un come si diventa nazisti, ma con l’intuizione felice di raccontarlo entro la cornice di un romanzo sentimentale. La storia è l’amore di Johannes Pinneberg e di Emma Mörschel, detta Lämmchen, agnellino. Un matrimonio freschissimo, a causa di un’imprevista gravidanza, che comincia subito ad essere letteralmente inghiottito dallo spettro della disoccupazione che porta miseria, smarrimento e minacce alla dignità, mentre il prossimo diventa incomprensibile e lontano. Lui è il kleiner Mann del titolo in tedesco, un «uno di noi», fragile, senza pretese, apolitico, piuttosto vago; Emma è figlia di una famiglia di duri operai socialdemocratici e comunisti, maltrattata in famiglia, commessina, dolce ma ferma. E intorno, gli altri: la famiglia di Emma col fratello spinto ogni giorno in un cupo estremismo; la vedova Scharrenhöfer, la padrona di casa rovinata dall’inflazione; il contabile Lauterbach, arruolatosi nelle SA per rompere la noia; la madre di Johannes Mia, tenutaria di un bordello e il suo spregiudicato amante; il commesso Joachim, del movimento naturista. È il Volk, che al momento sembra avvertire solo risentimento e restituire ostilità, ma che presto Hitler illuderà di essere un unico protagonista: «Ora nessuno doveva più sentirsi in colpa perché non capiva cosa stesse succedendo o perché non partecipava – scrive Ralf Dahrendorf – Adesso c’era un ordine nel quale tutte le questioni venivano risolte. Ein Volk, ein Reich, ein Führer».

In Italia, nel 1960, del romanzo venne realizzata per la Rai una versione dal titolo Tutto da rifare pover’uomo. La regia era di Eros Macchi, gli interpreti protagonisti Ferruccio De Ceresa e Carla Del Poggio; nel cast Laura Betti, Lando Buzzanca, Renzo Palmer e Paolo Poli

Nessun commento:

Posta un commento