Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood
Violento, inesorabile, profetico, spietato: così è Il racconto dell’ancella, capolavoro
dell’autrice canadese Margaret Atwood,
uscito nel 1985 e tradotto in Italia tre anni dopo. Un testo contestatissimo negli anni immediatamente successivi alla
pubblicazione (fu rifiutato in alcune scuole degli Stati Uniti per la dura e
chiara connessione che la scrittrice dichiara tra patriarcato, religione e sottomissione femminile), dal quale nel
1990 fu tratto il film omonimo per la regia di Volker
Schlöndorff. Oggi, a
oltre trent’anni dall’uscita in libreria, è tornato al centro
dell’attenzione. Da fine aprile è disponibile sulla piattaforma americana Hulu anche la serie tv tratta dall’opera, che ha
ricevuto gli apprezzamenti di critici e pubblico per la fedeltà all’opera
di Margaret Atwood e
l’attualizzazione di alcuni temi, come la rappresentazione di personaggi di
colore e omosessuali. L’opera racconta del futuro degli USA in seguito alla
presa di potere della destra teocratica: una società fondata sul ritorno ai
‘valori tradizionali’ avallati da una rigida interpretazione della Bibbia,
nella quale le donne hanno perso ogni tipo di diritto – anche quello a avere un
nome - e dove il controllo del corpo femminile ha un ruolo centrale per la
sopravvivenza della società stessa. Nella neonata repubblica di Galaad, per
effetto dell’inquinamento e dei disastri nucleari pregressi, gran parte della
popolazione femminile è sterile: le Mogli, le Marte (votate ai lavori
domestici), le Zie (istitutrici), le Nondonne (ribelli e reiette confinate a
lavorare nelle Colonie, contaminate dalle radiazioni e condannate a una vita
piuttosto breve). Solo alcune hanno mantenuto il prezioso dono della fertilità,
un dono che non appartiene a loro ma alla società intera e del quale esse
rappresentano solo l’involucro. Come tali, vengono assegnate alle coppie della
classe dominante in qualità di fattrici: sono le Ancelle, chiuse nei loro abiti
monacali rosso fuoco. Ma anche lo Stato più repressivo non riesce a schiacciare
i desideri e da questo dipenderà la possibilità e, forse, il successo di una
ribellione. Mito, metafora e storia si fondono per sferrare una satira energica
contro i regimi totalitari. Ma non solo: c'è anche la volontà di colpire, con
tagliente ironia, il cuore di una società meschinamente puritana che, dietro il
paravento di tabù istituzionali, fonda la sua legge brutale sull'intreccio tra
sessualità e politica. Quello che l'ancella racconta sta in un tempo di là da
venire, ma interpella fortemente il presente.
“Mi dico
che non è importante, un nome è come un numero di telefono,
utile solo per altri; ma mi sbaglio, è importante. Tengo la coscienza di questo nome come qualcosa di nascosto, un tesoro che tornerò a scavare un giorno.
È un nome sepolto, circondato di mistero come un amuleto, un amuleto sopravvissuto a un passato incredibilmente distante.
La notte sto sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi, e il mio nome è lì, sospeso dietro gli occhi, non del tutto a portata di mano, che brilla nel buio.”
utile solo per altri; ma mi sbaglio, è importante. Tengo la coscienza di questo nome come qualcosa di nascosto, un tesoro che tornerò a scavare un giorno.
È un nome sepolto, circondato di mistero come un amuleto, un amuleto sopravvissuto a un passato incredibilmente distante.
La notte sto sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi, e il mio nome è lì, sospeso dietro gli occhi, non del tutto a portata di mano, che brilla nel buio.”
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