martedì 1 agosto 2017



Il racconto dell'ancella  di Margaret Atwood

Violento, inesorabile, profetico, spietato: così è Il racconto dell’ancella, capolavoro dell’autrice canadese Margaret Atwood, uscito nel 1985 e tradotto in Italia tre anni dopo. Un testo contestatissimo negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione (fu rifiutato in alcune scuole degli Stati Uniti per la dura e chiara connessione che la scrittrice dichiara tra patriarcato, religione e sottomissione femminile), dal quale nel 1990 fu tratto il film omonimo per la regia di Volker Schlöndorff. Oggi, a oltre trent’anni dall’uscita in libreria, è tornato al centro dell’attenzione. Da fine aprile è disponibile sulla piattaforma americana Hulu anche la serie tv tratta dall’opera, che ha ricevuto gli apprezzamenti di critici e pubblico per la fedeltà all’opera di Margaret Atwood e l’attualizzazione di alcuni temi, come la rappresentazione di personaggi di colore e omosessuali. L’opera racconta del futuro degli USA in seguito alla presa di potere della destra teocratica: una società fondata sul ritorno ai ‘valori tradizionali’ avallati da una rigida interpretazione della Bibbia, nella quale le donne hanno perso ogni tipo di diritto – anche quello a avere un nome - e dove il controllo del corpo femminile ha un ruolo centrale per la sopravvivenza della società stessa. Nella neonata repubblica di Galaad, per effetto dell’inquinamento e dei disastri nucleari pregressi, gran parte della popolazione femminile è sterile: le Mogli, le Marte (votate ai lavori domestici), le Zie (istitutrici), le Nondonne (ribelli e reiette confinate a lavorare nelle Colonie, contaminate dalle radiazioni e condannate a una vita piuttosto breve). Solo alcune hanno mantenuto il prezioso dono della fertilità, un dono che non appartiene a loro ma alla società intera e del quale esse rappresentano solo l’involucro. Come tali, vengono assegnate alle coppie della classe dominante in qualità di fattrici: sono le Ancelle, chiuse nei loro abiti monacali rosso fuoco. Ma anche lo Stato più repressivo non riesce a schiacciare i desideri e da questo dipenderà la possibilità e, forse, il successo di una ribellione. Mito, metafora e storia si fondono per sferrare una satira energica contro i regimi totalitari. Ma non solo: c'è anche la volontà di colpire, con tagliente ironia, il cuore di una società meschinamente puritana che, dietro il paravento di tabù istituzionali, fonda la sua legge brutale sull'intreccio tra sessualità e politica. Quello che l'ancella racconta sta in un tempo di là da venire, ma interpella fortemente il presente.


“Mi dico che non è importante, un nome è come un numero di telefono,
utile solo per altri; ma mi sbaglio, è importante. Tengo la coscienza di questo nome come qualcosa di nascosto, un tesoro che tornerò a scavare un giorno.
È un nome sepolto, circondato di mistero come un amuleto, un amuleto sopravvissuto a un passato incredibilmente distante.
La notte sto sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi, e il mio nome è lì, sospeso dietro gli occhi, non del tutto a portata di mano, che brilla nel buio.”

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