La mediocrazia di Alain Deneault
«Non c’è stata nessuna
presa della Bastiglia, niente di paragonabile all’incendio del Reichstag, … Eppure
di fatto l’assalto è avvenuto, ed è stato coronato dal successo: i mediocri
hanno preso il potere».
Il filosofo canadese Alain Deneault parla nel suo saggio
della “rivoluzione anestetizzante” che ci ha fatto precipitare nel regno del
conformismo: è l’atteggiamento che ci conduce a posizionarci sempre al centro,
mai disturbare e soprattutto mai far nulla che possa mettere in discussione
l’ordine economico e sociale. Tutto deve essere standardizzato. La “media” è
diventata la norma, la “mediocrità” è stata eletta a modello. Un modello che
trova nel mondo del lavoro e della politica la sua massima espressione; non fa
leva sulla capacità e l’impegno del singolo ma sulla sua attitudine al
conformismo. Per la preservazione di un ordine precostituito – sia esso inteso
nello specifico come ambiente lavorativo o più in generale come sistema
socio-economico – il talento e la competenza rappresentano una minaccia; per
preservamento dello status quo è necessaria, e non solo preferibile,
un’accettazione acritica delle regole e
delle convenzioni. All’origine della mediocrità c’è la morte stessa della
politica, sostituita dalla “governance”: una forma di gestione neoliberale
dello stato, caratterizzata dalla deregolamentazione, dalle privatizzazioni dei
servizi pubblici e dall’adattamento delle istituzioni ai bisogni delle imprese.
Anche la terminologia cambia: i pazienti di un ospedale non si chiamano più
pazienti, i lettori di una biblioteca non sono più lettori. Tutti diventato
“clienti”, tutti sono consumatori.
Che fare? Deneault indica una strada che parte dai piccoli
passi quotidiani: resistere alle piccole tentazioni e dire no. Non occuperò
quella funzione, non accetterò quella promozione, rifiuterò quel gesto di
riconoscenza per non farmi lentamente avvelenare. Resistere per uscire dalla
mediocrità non è certo semplice. Ma forse vale la pena di tentare.
"Se
dal di dentro la stupidità non assomigliasse tanto al talento, al punto da
poter essere scambiata con esso, se dall'esterno non potesse apparire come
progresso, genio, speranza o miglioramento, nessuno vorrebbe essere stupido e
la stupidità non esisterebbe".
Robert
Musil
Nessun commento:
Posta un commento