Non
volevo morire così : Santo Stefano e Ventotene : storie di ergastolo e di
confino di Pier Vittorio Buffa
l comunista Rocco Pugliese, ucciso dai secondini
dell'ergastolo di Santo Stefano. Il partigiano greco Giorgio Capuzzo che aveva
combattuto contro gli italiani. Il soldato albanese che aveva disertato. L'uomo
che aveva ucciso per amore. Vite di detenuti e di ergastolani finite dentro le
mura del carcere di Santo Stefano, chiuso nel 1965, che oggi raccontano cosa è
stata la 'tomba dei vivi'. Vi furono imprigionati ladri, assassini e innocenti.
E anche uomini come Sandro Pertini e Umberto Terracini, condannati dai
tribunali speciali fascisti. A un miglio di mare, Ventotene, l'isola confinaria
dove Mussolini fece rinchiudere gli oppositori. La raccontano le storie di
Mario Maovaz, il giellista triestino bibliotecario del confino. Dell'anarchico
Gigino lo Stipettaio (si narra che nel sottofondo di un suo mobiletto sia
uscita dall'isola una copia del Manifesto per l'Europa). Di un altro
anarchico poi morto in un lager, Giovanni Domaschi. Uomini che, insieme ai
futuri protagonisti dell'Italia democratica, hanno lottato, studiato, fatto
politica.
In questo volume Pier
Vittorio Buffa descrive due mondi diversi. Storie e vite apparentemente
distanti tra loro, accomunate da spazi di reclusione contigui in cui i
protagonisti sono costretti a scontare la loro pena. Da una parte l'isola di
Santo Stefano, luogo di detenzione forzata fin dalla fine del Settecento. Qui
rivive la memoria di assassini, delinquenti e rapinatori, così come di uomini
innocenti e oppositori politici. Dall'altra, l'isola di Ventotene, resa da
Mussolini luogo di confino per uomini che hanno combattuto il fascismo e
creduto nella fondazione di una nuova Italia e di una nuova Europa. A
separarle, appena un tratto di mare. E ad unire simbolicamente la storia delle
due isole sono i destini di Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica
italiana, e Umberto Terracini, tra i più celebri padri della nostra
Costituzione. Entrambi condannati dal Tribunale speciale fascista, finirono
prima confinati nelle carceri di Santo Stefano, confondendosi, indistinti, tra
la folla degli altri prigionieri. E poi, una volta scontata la pena lì dentro,
rimasero, fino alla caduta del fascismo, segregati al confino.
Finirono proprio a Ventotene, insieme ad alcune tra le personalità più significative per il Paese e per la futura Europa unita. Sull'isola dove, durante la seconda guerra mondiale, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni elaboravano il Manifesto di Ventotene, celebrato oggi come un atto fondativo dell'integrazione europea. Da storie di sofferenza, dolore e di prigionia forzata (spesso anche ingiustificata) si affermavano quindi valori e princìpi condivisi, che, sulle ceneri della guerra, avrebbero costituito la base di una nuova Europa unita.
Sono pagine che ricostruiscono la vita di confinati e detenuti per preservarne la memoria nel tempo. Un riconoscimento, in particolare, per quei personaggi che, in queste isole prigioni, persero prematuramente la vita dopo aver combattuto per conquistare la libertà per il proprio Paese. Per non lasciare all'oblio della Storia il ricordo e il sacrificio di uomini che, appunto, non sarebbero voluti morire prima di aver visto realizzato il sogno di un'Italia democratica e, nuovamente, libera.
Finirono proprio a Ventotene, insieme ad alcune tra le personalità più significative per il Paese e per la futura Europa unita. Sull'isola dove, durante la seconda guerra mondiale, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni elaboravano il Manifesto di Ventotene, celebrato oggi come un atto fondativo dell'integrazione europea. Da storie di sofferenza, dolore e di prigionia forzata (spesso anche ingiustificata) si affermavano quindi valori e princìpi condivisi, che, sulle ceneri della guerra, avrebbero costituito la base di una nuova Europa unita.
Sono pagine che ricostruiscono la vita di confinati e detenuti per preservarne la memoria nel tempo. Un riconoscimento, in particolare, per quei personaggi che, in queste isole prigioni, persero prematuramente la vita dopo aver combattuto per conquistare la libertà per il proprio Paese. Per non lasciare all'oblio della Storia il ricordo e il sacrificio di uomini che, appunto, non sarebbero voluti morire prima di aver visto realizzato il sogno di un'Italia democratica e, nuovamente, libera.
Fabiana Luca
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