venerdì 25 agosto 2017

Pasionaria e i sette nani di Manuel Vazquez Montalban

"Era il '75 l' anno in cui Pasionaria ebbe a Roma un omaggio spettacolare: al tavolo della presidenza nel Palazzo dei Congressi dell' Eur erano seduti tutti i grandi leader del momento, da Berlinguer a Nenni a Carrillo a Mario Soares. Dolores Ibarruri era una donna di 85 anni ma pronunciò il suo discorso con una voce ancora straordinaria. Era lo stesso anno della morte di Pasolini, io andai a Ostia a vedere il luogo dove era stato ucciso e andai all' Eur. Roma era divisa fra i manifesti che commemoravano il poeta e quelli in onore della Pasionaria: mi sembrò che una strana sinistra avesse occupato la città".
Manuel Vazquez Montalban
A Dolores Ibarruri il padre del detective Pepe Carvalho ha dedicato il libro Pasionaria e i sette nani continuando così quell' operazione di recupero della memoria che ha trovato in Io Franco, in Galindez, in Assassinio nel Comitato Centrale gli spazi di una fuga dalla "tirannia del presente" alla quale lo scrittore vede condannata la società post-moderna.
"Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio" E’ la voce inconfondibile e trascinante di Dolores Ibarruri, la "Pasionaria", eroina della guerra civile spagnola e faro del comunismo internazionale - il cervello allineato con la politica di Stalin e il cuore generoso cantato da Neruda, Hemingway e Alberti. Di lei Vazquez Montalban traccia un ritratto a tutto tondo, acuto e onesto, che restituisce luci e ombre di questo personaggio chiave del nostro secolo affascinante e controverso, ma ancora poco conosciuto nelle sue incendiarie sfaccettature. Come donna si è conquistata l'ultima parola in un mondo di uomini; come "animale politico" ha macinato battaglie figurando tra i fondatori del Partito comunista spagnolo e distinguendosi per l'accesa militanza all'interno del Comintern; come autodidatta, infine, si è rivelata immune dai sofismi di certi intellettuali del suo tempo.

La corda pazza : scrittori e cose della Sicilia di Leonardo Sciascia

Sicilia: «Una terra difficile da governare perché difficile da capire». A questa terra, a tutte le sue «corde» («la seria, la civile, la pazza» scrisse una volta Pirandello), al passato più oscuro come al presente più invadente Sciascia prestò sempre un’attenzione puntuale, appassionata, partecipe e al tempo stesso inflessibile nella descrizione dei mali. E per una volta provò ad articolare tutti questi temi e questi livelli della realtà in un solo libro: questa Corda pazza (1970), che si presenta, rispetto all’isola, «vuote le mani, ma pieni gli occhi del ricordo di lei», come scrisse Ibn Hamdis, poeta arabo-siculo opportunamente citato da Sciascia.

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