martedì 14 marzo 2017




La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo
Un film storico da rivedere per comprendere problematiche ancora attuali. “La Battaglia di Algeri” parla della guerra d’indipendenza algerina, condotta dal Fronte di Liberazione Nazionale e dal suo esercito. Pose fine al tentativo della Francia di mantenere in forme nuove il proprio impero coloniale, determinò il crollo della IV repubblica e aprì – per entrambi i paesi – una nemesi storica non ancora conclusa. Il film - che suscitò polemiche e dibattiti di natura politica (in Francia fu vietato fino al 1971) - vinse il Leone d’Oro alla 27ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. E’ stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare. Il film nacque nel 1965 su proposta di Yacef Saadi, uno dei capi militari dell’FLN ad Algeri, che ne fu anche produttore. Pontecorvo riuscì a imprimere al film l’effetto drammatico e documentaristico di un cinegiornale, non solo girandolo in bianco e nero e con una cinepresa da 16mm, ma sgranando l’immagine, specialmente in alcune scene. Tranne Jean Martin (nel ruolo del Col. Mathieu), tutti gli altri sono attori non professionisti. Il regista ha collaborato direttamente anche alla sceneggiatura, con Franco Solinas, e alle musiche, con Ennio Morricone.
Algeri, 7 ottobre 1957. I parà del colonnello Mathieu circondano il nascondiglio dell'unico superstite del Fronte di Liberazione Nazionale algerino, Alì La Pointe. Questi, in attesa della morte, ripercorre con la memoria gli avvenimenti nei quali, da sfruttatore di donne e pregiudicato comune, è maturato in uomo cosciente del suo diritto alla libertà. Tre anni prima la lotta era cominciata liberando la Casbah dai germi della malavita per fare della cittadella araba la roccaforte della rivoluzione: poi era esplosa con scontri individuali ed azioni terroristiche che avevano provocato reazioni da parte della popolazione francese. Nel gennaio del '57 erano giunti il colonnello Mathieu ed i paracadutisti che, con un'azione militare e poliziesca non priva d'intelligente organizzazione e non aliena da sistemi di tortura, avevano progressivamente smantellato l'organizzazione algerina e individuato il nascondiglio di La Pointe. Morto Alì La Pointe, la rivoluzione appare sedata. Ma, se la battaglia di Algeri fu una battaglia persa da un punto di vista prettamente militare, fu anche una grandissima vittoria nella guerra di liberazione delle coscienze:  nel dicembre del '60 tutto ricomincia quasi per incanto e due anni dopo l'Algeria ottiene l'indipendenza.

Il film rappresenta con obiettività la strategia dei repressori e lo sdegno degli europei vittime degli attentati terroristici, né tace il passato di delinquente dell’eroe algerino Alì La Pointe. Nel film non ci sono “buoni” e “cattivi”; eppure, proprio per questo, c’è un’alta tensione morale. Tortura, esecuzioni, terrorismo sono raccontati come cruda cronaca, sia dal punto di vista degli autori sia da quello delle vittime, segnalando allo spettatore che la verità e la comprensione storica rappresentano un ampliamento di coscienza, e sono perciò eticamente superiori al pregiudizio ideologico o moralistico. 

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