Hammerstein
o dell'ostinazione : una storia tedesca di Hans Magnus
Enzensberger
La sera del 3 febbraio 1933, a
Berlino ebbe luogo una cena a suo modo storica: Adolf Hitler incontrò per la
prima volta nella sua veste di neo-cancelliere i maggiori esponenti della Reichswehr.
Fra questi, discendente di un'antica famiglia aristocratica, il generale Kurt
von Hammerstein-Equord, che durante la Repubblica di Weimar aveva fatto una
brillante carriera sino a diventare - nel 1930 - capo di stato maggiore
dell'esercito tedesco. Un uomo di destra, che considerava Hitler un
confusionario non particolarmente pericoloso. Nel corso della cena, tuttavia,
il Führer espose senza mezzi termini quali erano i suoi veri obiettivi:
instaurazione di una dittatura all'interno del paese, ricerca di «spazio
vitale» a oriente. E specificò persino quando avrebbe avuto inizio la guerra.
Il discorso di Hitler fece radicalmente cambiare opinione a Hammerstein che un
anno dopo rassegnò le dimissioni: da quel momento in poi divenne - pur fra
prudenze, contraddizioni e nella più assoluta segretezza - il punto di riferimento
della resistenza anti-hitleriana che condusse al fallito attentato del 20
luglio 1944. Il generale però a quel punto era già morto da un anno: durante il
funerale, accanto alla bara venne deposta l'enorme corona inviata da Hitler: il
nastro, che recava il suo nome, era stato però «dimenticato» in metropolitana
dai familiari. La moglie e i sette figli sono gli altri protagonisti di questa
straordinaria vicenda non solo tedesca: i maschi sono tutti coinvolti in forme
di resistenza, vivono in clandestinità, le figlie si legano al Partito
comunista (un verbale della famosa cena dopo tre giorni era già in mano dei
sovietici) e divengono pedine dei servizi segreti. Accostando narrazioni,
«chiacchierate» postume con i protagonisti, commenti su fatti storici, documenti
d'archivio in gran parte inediti, Hans Magnus Enzensberger in Hammerstein
torna a una forma letteraria che all'inizio degli anni Settanta con La breve
estate dell'anarchia sancì ovunque la sua fama.
Io no :
ricordi d'infanzia e gioventù di Joachim Fest
Nessun altro come Joachim Fest ha
dato un contributo altrettanto importante per la comprensione della storia del
Terzo Reich. La sua fondamentale biografia di Hitler, quella di Albert Speer e
la descrizione degli ultimi giorni del Führer nel bunker di Berlino nella
Disfatta, hanno raggiunto milioni di lettori in tutto il mondo. Ma come ha
vissuto lui stesso quegli anni terribili dominati dal nazismo e dalla guerra?
Con questa autobiografia della propria giovinezza Fest offre per la prima volta
un quadro personale della sua vita durante quel periodo oscuro. Descrive la
casa paterna nei sobborghi di Berlino; racconta l'ostracismo nei confronti di
suo padre, importante uomo politico e oppositore del nazismo; narra l'incontro
con l'ambiente operistico della capitale tedesca; illustra le proprie letture
durante il servizio militare; ricorda il tentativo di fuga da un campo di
prigionia americano dentro una cassa di legno. In "Io no", che già
nel titolo segnala inequivocabilmente la propria posizione e quella della sua
famiglia nei confronti del nazismo, Fest racconta sé stesso e mostra così
l'ambiente di quella borghesia liberale della Germania degli anni Trenta e
Quaranta che ha saputo coraggiosamente offrire resistenza alla barbarie
dilagante.
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