lunedì 29 maggio 2017

Le vene aperte dell'America latina di Eduardo Galeano
Conosco di persona Edoardo Galeano: è capace di produrre, senza sforzo apparente, un flusso interminabile di storie. È questo talento quasi soprannaturale nel raccontare a rendere così facile la lettura di questa specie di romanzo di pirati, come lui stesso lo ha definito una volta, persino per le persone che hanno meno dimestichezza con le questioni politiche ed economiche. Il libro scorre con la grazia di una novella ed è impossibile posarlo. Galeano denuncia lo sfruttamento con inflessibile ferocia, eppure il suo libro è quasi poetico nelle descrizioni che da della solidarietà e della capacità umana di sopravvivere alle più atroci depredazioni. C'è una forza misteriosa nella narrazione di Galeano. Usa la sua arte per introdursi nella privacy della mente del lettore, persuaderlo a leggere e continuare fino alla fine, a soccombere al fascino della sua scrittura e al vigore del suo idealismo. Le grandi opere letterarie come questa svegliano la coscienza, riuniscono le persone, interpretano, spiegano, denunciano, documentano e provocano cambiamenti.
Dalla prefazione di Isabel Allende


Vite di riserva di Sandro Onofri




In questo libro si conosce il destino miserabile degli indiani d'America, oggi detti, nativi, che l'autore va a visitare nelle squallide porzioni di terra loro concesse dal governo degli Stati Uniti, le riserve, appunto, e ritrae nell'atto di rimandare a domani il loro ultimo respiro. Questo libro è il sopralluogo nella loro agonia, agonia di una cultura oltre che di un popolo, ancora più vergognosa perché artificialmente prolungata dall'accanimento conservativo con cui i visi pallidi continuano ad alimentare il mito costruito attorno ai pellirossa dopo averli sterminati.

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