NOVITA’ IN BIBLIOTECA
giugno 2017
I Mann :
storia di una famiglia di Tilmann Lahme
La nascita di questa biografia
familiare sarebbe stata pressoché impossibile se qualche anno fa, in
circostanze mai chiarite che generarono polemiche roventi in Germania, non
fossero saltate fuori da un archivio privato quasi tremila lettere sconosciute
che aprirono gli occhi sulle vicende intricate e quasi incredibili della vita
privata di Thomas Mann e della sua famiglia, che l’odierno aggettivo
«disfunzionale» descrive in termini ancora eufemistici.
Thomas Mann è lo scrittore più
importante della Germania già nel 1922, l’anno su cui si apre il volume di
Lahme: ha 47 anni, ha scritto romanzi straordinari come I Buddenbrok e La
montagna incantata, ha vinto il Premio Nobel per la letteratura e comincia
a dover fare i conti con una situazione politica che presto porterà all’ascesa
del nazismo. Sua moglie Katia, donna dal polso leggendario, tiene a bada i sei
figli e il complicato ménage casalingo mentre lui lavora.
Da questo punto di partenza, Lahme
costruisce il suo racconto “dall’interno” di una famiglia segnata dal talento,
dalle passioni, dal dolore e dalla storia. Thomas il patriarca, completamente
votato al proprio genio, Katia, la moglie elegante, forte e sofferente, i figli
Erika, scrittrice e attrice, legatissima al fratello Klaus, scrittore come il
padre, antifascista, omosessuale e suicida nel 1949, Golo, l’intellettuale che
cerca di salvarsi fuggendo dalla famiglia, Monika, la meno amata delle figlie,
Elisabeth la cocca del padre e Michael, il musicista che lotta contro il
proprio carattere e le stellari aspettative dei genitori (e che morirà suicida
come il fratello Klaus).
È intorno a questi otto protagonisti
(più Heinrich, il fratello di Thomas, grande scrittore meno fortunato e più
sofferente) che si intreccia questo grande affresco fatto di immenso talento,
inesplicabile dolore, amori liberi e spesso sbagliati, abuso di droghe,
politica, arte e teatro. E sullo sfondo, le tragedie dell’Europa, il nazismo,
la scelta dell’esilio in California, il ritorno nella Germania ferita del
dopoguerra.
La morte
ha il permesso di Edmundo Valadès
A cento anni dalla nascita, Edmundo
Valadés, considerato oggi un maestro della letteratura breve, viene tradotto
per la prima volta in italiano. I diciotto fulminanti testi di questa raccolta
abbracciano temi universali, narrati da personaggi in un momento decisivo della
loro esistenza: due adolescenti sono alle prese con la loro prima volta; un
vecchio ha coltivato per tutta la vita un sogno e proprio quando sta per
realizzarlo decide di rinunciarvi; un uomo fa un bilancio delle sue esperienze
nel momento in cui sta per essere assassinato; un altro fa i conti col passato
senza riuscire a lasciarsi alle spalle la guerra nella quale ha combattuto.
Come ha scritto Paco Ignacio Taibo, «Valadés
ha pubblicato racconti memorabili, ma la sua fama di grande scrittore si deve a
La morte ha il permesso».
Annie
John di Jamaica Kincaid
«Il genio ha molte sorprese, e una di queste è la geografia»
ha scritto Derek Walcott a proposito di Jamaica Kincaid. Ed è proprio la
geografia di Antigua, così accecante e celeste, a permeare la prosa
incantatoria del suo primo romanzo: gli alisei, i riti della pesca e dell’obeah
si confondono in un’unica musica palpitante, mentre l’albero del pane e le
sgargianti poinciane stonano con la chiesa anglicana, con la divisa scolastica,
con i quaderni che hanno in copertina la regina Vittoria. E intanto Annie John
cresce in una felice solitudine, al centro dell’universo della sua bellissima,
giovane madre. Ma poi, la catastrofe: Annie «diventa signorina», e la madre,
che come una divinità può dare e togliere tutto, incomprensibilmente si
trasforma in un’algida nemica. «Io vivevo in un paradiso così» dice Annie dei
suoi anni di bambina; ma ogni paradiso ha il suo «orribile serpente», e sarà un
tormentoso duello quotidiano a scandire il suo furente ingresso
nell’adolescenza.
Per te
morirei e altri racconti perduti di Francis Scott Fitzgerald
Più che racconti perduti, sono i racconti rifiutati, e poi
dimenticati. In contemporanea con gli Stati Uniti, gli inediti di Francis Scott Fitzgerald tornano in
libreria in una raccolta intitolata Per te morirei e altri racconti,
curata da Anne Margaret Daniel.
I racconti brevi, spiega la curatrice, erano il pane quotidiano del cantore
dell’Età del jazz: gli editori e
i direttori delle riviste arrivavano a pagare fino 4mila dollari a pezzo, una cifra folle per il mercato di allora.
I racconti di questa nuova raccolta invece, a parte un paio di eccezioni, non
videro mai la luce: furono donati all’Università
di Princeton dalla figlia Scottie
negli anni ‘50 e lì rimasero, sepolti in archivio. Alcuni sono stati consultati
di tanti in tanto dagli studiosi, ma altri erano stati dimenticati perfino dai
familiari di Fitzgerald.
I racconti sono organizzati in ordine cronologico: apre la
raccolta Il pagherò del 1920,
una parodia del mondo dell’industria editoriale, scritta quando Fitzgerald era
ancora l’enfant prodige,
l’autore ventitreenne di Di Qua dal Paradiso. Quasi tutti gli
altri appartengono agli ultimi anni di Francis Scott, ormai al verde,
alcolizzato e solo. Le riviste rifiutano questi nuovi lavori, troppo cupi,
senza lo sfolgorio dei romanzi. C’è l’eco della grande depressione e il ricordo della Guerra Civile, in Pollici in Su;
ma ci sono anche ritratti di straordinaria modernità, come le
signorine “che possono fare tutto da sole” di La perla e la pelliccia.
C’è perfino un suicidio, in Per te morirei, il brano che dà il
titolo alla raccolta. Le riviste chiesero all’autore un lieto fine, ma
Fitzgerald fu irremovibile: piuttosto rinunciò ai soldi del compenso, di cui pure
aveva disperatamente bisogno per pagare il ricovero in clinica
psichiatrica della moglie Zelda
e la retta della scuola della figlia. Attratto dalla possibilità di guadagnare,
Fitzgerald approdò a Hollywood: proprio la bozza di una sceneggiatura (L’Amore, che male) chiude
la raccolta.
La parola del padre : Caravaggio e
l'Inquisitore : falso storico in forma di monologo di Ermanno Rea
Quando, in Italia, la ricerca
dell’obbedienza dei sudditi ha preso il posto del perseguimento della libertà
dei cittadini? Quando, per essere più precisi, quelle forme di gestione del
sottopotere e del consenso, e di condanna di ogni eresia, quei modi da
vicereame spagnolo sono diventati dominanti, fino a costituire un tratto
essenziale del carattere nazionale? A queste domande, Ermanno Rea dedicò non
solo un saggio uscito nel 2011, La fabbrica dell’obbedienza (nel catalogo SMS BIBLIO), ma anche questo
testo teatrale, meno noto, […]
La parola del padre è uno
strano dialogo, che prende le sembianze di un lungo monologo. Al centro della
scena c’è un Caravaggio silente che rievoca – o immagina di ricordare –davanti
a una tela bianca un interrogatorio subito da parte dell’Inquisizione. In
scena, Caravaggio rimane muto, ascolta, si limita a qualche gesto, a uno sdegno
e a una impotenza che non assumono mai una forma verbale. L’Inquisitore,
invece, sproloquia dall’inizio alla fine. Parla, congettura, minaccia, lusinga,
ammonisce… Al centro del monologo vi sono il giudizio impietoso sull’eresia
costituita dalla pittura del Caravaggio, e il terrore che essa provoca presso
la curia romana. L’Inquisitore non accetta, non può accettare, la scelta di
campo di Caravaggio: il “vostro concepire
la pittura quasi come cronaca o specchio di quella vita degradata che alligna
ai margini di tutte le città – ma soprattutto oggi qui a Roma, diventata la
capitale di ogni genere di malaffare – nella convinzione che è là che Dio va
cercato. Per voi insomma è la carne il luogo di residenza di ogni verità. E
questa, prima ancora che una bestemmia, è un’eresia”. Caravaggio non solo
pone la grazia all’interno dell’uomo, e non nell’alto dei cieli, ma
precisamente la fa abitare tra gli scarti della società, tanto che nei suoi
quadri santi e madonne hanno il corpo, il volto, la lingua di ladri,
prostitute, pazzi, vagabondi, bari…
[…] Ora, in questa critica, come non può non
notare forse anche lo stesso Caravaggio, c’è un evidente paradosso. Proprio
laddove la pittura del Merisi si avvicina all’essenza stessa del messaggio
evangelico, e al suo ribaltamento della visione consueta delle cose e
dell’ordine sociale, l’Inquisitore se ne allontana con il terrore degli occhi.
Perché per una Chiesa che miri al mantenimento dell’ordine, e alla sua
perpetuazione nei secoli, la “spada” evangelica e lo scandalo di Caravaggio
sono da rifuggire come la peste. L’Inquisitore invoca un Dio d’ordine, e
l’Inquisizione non è che il braccio – ora raffinato, ora brutale – atto al
risaldamento della sua immagine. Laddove la gente comune ha bisogno di
gerarchie, non vuole pensare, non vuole sentirsi in colpa, né essere additata
per questo o quella mancanza, la Chiesa (qui intesa nel senso ristretto di
curia temporale) è sempre pronta a gestire le umane debolezze. È sempre pronta
a rispondere alla paura della libertà con il conforto dell’obbedienza
de-responsabilizzata. E qui, per Rea, proprio nel Seicento, inizia a definirsi
il carattere nazionale. La parola del padre si colloca così lungo la
scia della critica dei costumi degli italiani, che va da Leopardi fino al
Novecento, fino forse ai Ricordi tristi e civili di Cesare Garboli. […]
Ma come interpretare allora il
silenzio di Caravaggio davanti al monologo dell’Inquisitore? Quale peso gli dà
Ermanno Rea? […]. È quel silenzio la parte più enigmatica di La parola del
padre. È un silenzio dettato dalla paura? Dall’accondiscendenza? Dalla
semplice constatazione che davanti a un potere ottuso non si può fare altro che
tacere? Quel silenzio, a ben vedere, è lo stesso silenzio che avvolge gli
autoritratti del Caravaggio, quando il pittore si dipinge all’interno dei suoi
quadri. Quell’uomo in un angolo appare sempre silente, quasi impotente, davanti
alla violenza del mondo. A quella che esplode brutalmente. E a quella sublimata
nei gesti e nelle parole.
Alessandro Leogrande, Corriere del Mezzogiorno
Una
coppia perfetta : i racconti di Hap e Leonard di Joe R. Lansdale
Tra i tantissimi ammiratori di Joe R. Lansdale esiste uno
«zoccolo duro» che, pur amando tutta la produzione del grande texano, ha sempre
avuto un debole per la serie di romanzi che hanno per protagonisti Hap (bianco,
liberal e donnaiolo) e Leonard (nero, conservatore e gay). Da Una stagione
selvaggia a Sotto un cielo cremisi, i due detective dai metodi a volte spicci
ma dall'etica (a loro modo) immacolata sono passati per ogni sorta di
avventura, uscendone spesso malconci, sempre ilari e innamorati della loro vita
e del loro mondo. La stessa cosa che accade in queste tre novelle: Le iene,
Veil in visita e Una mira perfetta. Altrettanti gioielli, nei quali Hap e
Leonard devono vedersela con una banda di rapinatori senza scrupoli, con la
Dixie Mafia, con gli spacciatori di crack. E con la legge, sempre meno propensa
a tollerare che i casi loro assegnati finiscano regolarmente in una ridda di
liti, scazzottate, sparatorie.
Ora pro loco di Gesuino
Némus
Dall'imprevedibile autore de "La teologia del
cinghiale", un nuovo mistero ambientato nel mitico paesino sardo di
Telévras. Uno strano incidente d'auto, un suicidio impensabile, un ragioniere
trafficone sono solo alcuni degli elementi che ci riportano a Telévras, uno dei
territori più poveri del pianeta. 1 turisti lì non arrivano. Occorre inventarsi
qualcosa, per fare in modo che cessino lo spopolamento e il decremento
demografico. È una Telévras contemporanea, ma gli abitanti, i loro
comportamenti e le loro aspirazioni non sembrano adeguarsi ai tempi. Una
galleria di nuovi personaggi, da Donamìnu Stracciu, poeta "apolide e
apocrifo", alla catechista di professione Titina Inganìa, fino a
Michelangelo Ambéssi, l'uomo per cui tutto ciò che supera il metro e sessanta è
da guardare con sospetto: sono loro alcuni dei protagonisti di questa vicenda
che sembra passare quasi inosservata anche nelle cronache locali. Ma, in una
fredda mattina d'inverno, arriva nel paesino l'ispettore Marzio Boccinu, al
momento in congedo dalle forze dell'ordine, il quale si troverà invischiato in
un intreccio in cui la realtà supererà, come sempre, ogni fantasia...
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