Nel corso dei secoli il rifiuto del cibo compare nelle
più diverse manifestazioni umane: l'estremo digiuno religioso e l'astinenza
delle sante, gli scioperi della fame, l'esibizione degli scheletri viventi, il
destino dei melanconici, il caso delle isteriche - per non dire dei posseduti
dal demonio e delle streghe. Prima ancora che la sfera del patologico, il
digiuno ha investito quella della spiritualità e della politica - nelle forme
più varie e sempre sotto il segno dell'ambiguità. Nel mondo del sacro
l'astinenza era intesa ora come pratica purificatrice che liberando dal
condizionamento della carne avvicinava a Dio, ora come inquietante pretesa di
onnipotenza se non addirittura segno di seduzione demoniaca. Nell'epoca del
disincanto la strana storia del digiuno è culminata nella definizione di
anoressia "isterica" (Lasègue, 1873) o "nervosa" (Gull,
1874); ma anche ora l'atteggiamento dell'anoressica nei confronti del cibo e
del proprio corpo rimanda agli antichi percorsi dell'ascesi e dell'astinenza.
Come nel digiuno ascetico di un tempo così nella patologia di oggi resta
fondamentale il rapporto tra acquisizione e rinuncia, tra ricerca della
perfezione e rifiuto di ogni bisogno biologico.
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