Democracy di Joan Didion
La maestra del new
journalism, Joan Didion, è anche una straordinaria romanziera, le cui
opere molto sono debitrici verso quella forma di giornalismo che, insieme a
Truman Capote e Tom Wolfe, l’ha resa grande. E la sua opera migliore in tal senso
resta proprio Democracy; il romanzo uscì nel 1984, ma il tema affrontato
è quanto mai attuale: vite in apparenza felici mentre la guerra resta (forse)
lontana.
Nel libro è raccontato l’intreccio
tra le parabole esistenziali dei diversi protagonisti e il contesto politico
circostante. Harry Victor è un membro influente del Congresso americano che a
un certo punto farà il passo più lungo della gamba, presentandosi senza
successo alle elezioni presidenziali. Inez è la sua bella moglie, che
saltabecca tra i più diversi impegni mondano-umanitari come spesso accade a una
first lady in pectore. Jack Lovett è un uomo solitario ed enigmatico che
traffica ad altissimo livello in mezzo mondo, muovendo enormi quantità di soldi
e armi con metodi non propriamente leciti.
Inez e Jack vivono da decenni una sotterranea storia d’amore che nulla e
nessuno è in grado di arrestare. Da un incontro all’altro possono trascorrere
anche degli anni: i loro cuori restano comunque indissolubilmente legati. Ed è
l’intero pianeta a punteggiare quegli incontri: Honolulu come Washington,
Giacarta come New York. Perché a Joan Didion preme raccontare - lungo un arco
temporale che va dall’immediato dopoguerra fino alla metà degli anni 70 - il
cambiamento epocale di una politica americana imperialista, preda di un sistema
mediatico sempre più cinico e sprovvista ormai della benché minima moralità. Non
a caso la storia trova il suo fuoco irradiante nei giorni drammatici della
disfatta vietnamita, con l’abbandono precipitoso dell’ambasciata di Saigon.
Siamo nel 1975 e quella data segna un punto di non ritorno: non soltanto per
una certa idea di politica (e si coglie qui tutta l’ironia del titolo
Democracy), ma anche per le vite dei protagonisti. In pochi mesi tutto si
sfalda: la vita familiare di Inez e Harry va definitivamente in pezzi; Inez ha
deciso di seguire Jack, ma le malefatte dell’uomo vengono a galla negli stessi
giorni in cui, all’insaputa del mondo, Jack muore improvvisamente nella piscina
di un hotel di Giacarta. Ora Inez è veramente sola e si ritira per sempre a
Kuala Lumpur, cercando vanamente di ritessere i fili della propria esistenza. A
chi le chiede perché abbia scelto di trascorrere proprio lì il resto dei suoi
giorni, risponde con poche, telegrafiche parole: «Colori, umidità, calore, l’aria abbastanza azzurra». Quanto le
rimane di una vita solo in apparenza dorata.
Nessun commento:
Posta un commento