La bastarda di Violette Leduc
(…) Mi ha
mostrato le fotografie di lui. Che strano momento è quello in cui interroghi
uno sconosciuto su un’immagine, e l’immagine e lo sconosciuto sono i tuoi
nervi, le tue giunture, il tuo midollo spinale. Figlia di un padre ignoto. Lo
guardo. Chi mi parla, chi mi risponde? Il fotografo. Ha messo anche la firma
dietro la fotografia, dà il proprio nome a chi proprio non l’ha voluto dare. E’
un bel nome. (…)
Violette Leduc (1907-1972) è una delle figure più singolari
della letteratura francese del XX secolo. Scoperta da Simone de Beauvoir,
ammirata da Cocteau, Genet e Sartre intraprende una carriera letteraria
difficile e contrastata. Il successo arriva solo nel 1964 con la pubblicazione
di La bastarda, bellissimo romanzo a carattere intensamente
autobiografico. Violette Leduc è infatti figlia illegittima di una cameriera e
di un rampollo dell'alta borghesia che non la riconoscerà mai. Durante la
seconda guerra mondiale si ingegna per sopravvivere; incontra Maurice Sachs di
cui si innamora follemente senza essere ricambiata. Prima di lasciarla Maurice le
da un suggerimento importante: scrivi! Le dice, butta su carta tutto il marcio
che hai dentro. E lei lo fa, inizia a scrivere. Legge e scrive avidamente,
perché Violette è un'affamata. Di vita, di amore, di persone, di emozioni.
Scrive e il suo dolore è vivo e reale. Scrive per sopravvivere. Per non morire.
“Ho paura
di morire e sono stanca di stare al mondo. Non ho lavorato, non ho studiato. Ho
pianto, ho gridato. Lacrime e grida mi hanno portato via molto tempo”.
Il suo stile colpisce Simone de Beauvoir che propone il primo
romanzo della Leduc, L'asphyxie, ad Albert Camus che lo pubblica con la
casa editrice Gallimard. De Beauvoir spinge Violette a continuare a scrivere,
apprezza in lei quel modo puro e crudele di parlare di temi scomodi. Parla dei
suoi amori, delle prime esperienze lesbiche con una compagna di collegio,
dell'aborto, del fallimento del matrimonio. Parla della sessualità femminile
come mai nessuno prima. Dopo L'Affamée e Ravages, nel 1964 viene
pubblicato La Bâtarde e porta la prefazione della de Beauvoir.
“L'erotismo in Violette Leduc non
diventa mistero né si ingombra di complicazioni, tuttavia è la chiave
privilegiata del mondo; è alla luce della sessualità che Violette scopre la
città e la campagna, lo spessore della notte e la fragilità dell'alba, la crudeltà
di un tocco di campane. Per parlarne Violette si è creata un linguaggio senza
leziosaggine né volgarità che a me sembra un successo notevole ...”
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