Trastulli di animali di Yukio
Mishima
“Anzitutto c’era una donna infelice e
disperata. Un marito egoista e crudele. Un giovane compassionevole, pieno di
vigore. E con ciò la storia sembrava già compiuta”.
In una casa sul mare circondata dai fiori vivono una breve e
tragica estate Yuko, che si prende cura del marito semiparalizzato e muto, e il
giovane e vigoroso Koji. Quest'ultimo è appena uscito dal carcere dopo aver
scontato una condanna a due anni proprio per aver ferito gravemente al capo il
marito di Yuko, della quale il giovane si era perdutamente invaghito. Alcune
settimane trascorrono in una crescente tensione perché gli amanti,
apparentemente padroni della situazione, in realtà sono ossessionati dalla
presenza silenziosa e rassegnata del marito, che suscita in loro sentimenti
misti di pietà, rimorso e odio: non sopportano il sospetto di essere guardati
come due animali che si trastullino, innocentemente felici. Il monologo col
quale Koji si rivolge all'invalido, come per rimuovere la maledizione che grava
su quell'amore, fa precipitare il trio verso il compimento di un delitto che
sembra rispondere a un segreto desiderio di espiazione e di morte. Vissuta
sullo sfondo di una natura idilliaca, tra le spiagge e le pinete della penisola
di Izu, questa storia di un eros appassionato che conduce irragionevolmente
alla rovina acquista un'aura di essenzialità e fatalità che è stata paragonata
da molti a quella propria della tragedia greca. Mishima indugiò nel comporre il
fortissimo epilogo: la notte del capodanno del 1961, a Milano, dopo aver
ascoltato il "Fidelio" di Beethoven alla Scala, scrisse di getto
l'ultimo capitolo, degno di coronamento di uno dei suoi romanzi più
significativi.
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