venerdì 25 agosto 2017

Non siamo più noi stessi di Matthew Thomas



Il romanzo abbraccia un arco temporale amplissimo, dal 1953 al 2011: tutta o quasi la vita della protagonista, Eileen Tumulty, figlia di immigrati irlandesi, infermiera professionale, e delle due persone che andranno a costituire il suo nucleo famigliare: Ed Leary, il marito, professore universitario con la passione per la ricerca e l’insegnamento, e Connell, il figlio, conteso tra le ambizioni della madre – che proietta su di lui, oltre che sulla ossessiva ricerca di una casa di proprietà in un quartiere diverso dal degradato Queens nel quale trascorre i suoi giorni, le sue ambizioni di ascesa sociale – e il modello del padre che non intende in alcun modo imporgli un modo di essere o una prospettiva, lasciandolo libero di trovare la sua strada e di costruirsi autonomamente il proprio sogno. Thomas rifiuta deliberatamente i tempi narrativi e il respiro costante e maestoso della grande saga, di stampo ottocentesco, preferendo procedere per strappi, tra sunti, tagli e accelerazioni. E divide in ogni caso il romanzo in due metà distinte: una prima che accompagna Eileen e Ed fino alla soglia dei cinquant’anni; una seconda che è incentrata sulla malattia di Ed, còlto da Alzheimer precoce, e sul disperato tentativo, da parte di Eileen come di Connell, di «accogliere» la nuova persona che hanno accanto, accettando così il dato di fatto richiamato dal titolo stesso del romanzo: che non solo Ed non è più se stesso, ma per effetto del suo cambiamento nessuno lo è più, perché la malattia, con il suo retaggio di oblio e confusione, modifica i ritmi vitali e il modo di stare al mondo di tutti i personaggi.
«Arriverà un momento in cui non saprai più chi sono?»
 «Io saprò sempre chi sei. Te lo prometto. Anche se penserai che io non ti conosca, anche se ti darò quest’impressione. Saprò sempre chi sei. Sei mio figlio. Non dimenticarlo mai».


Eileen sarà costretta a rivedere molte priorità e ambizioni e a imparare un altro modo di stare al mondo. Un percorso, fatto di accettazione e sofferenza, che le consentirà di trovare un’altra se stessa: né migliore né peggiore rispetto a quella che ha accompagnato il lettore nella prima parte del romanzo, ma semplicemente diversa.
È proprio nel rifiuto di fare sconti ai suoi personaggi, e nel raccontarne slanci e meschinità, sofferenza e riscatto, che Thomas raggiunge le vette massime della sua scrittura, e partorisce un romanzo che, proprio per il suo non voler essere «soltanto» l’ennesima saga famigliare, lo impone come una voce nuova.

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