Invito alla lettura
mercoledì 8 maggio 2019
sabato 27 gennaio 2018
Lireta
non cede : diario di una ragazza albanese di Lireta Katiaj
Il destino di
Lireta pare segnato. Smetterà di studiare e dovrà sposare l’uomo scelto dal
padre violento. Ma lei non ci sta, e nel 1995, mentre il suo Paese finisce nel
caos, scappa di casa: decide, come tante sue coetanee, di recidere il cordone
ombelicale che le lega alla patria, alla famiglia, alla lingua, alla terra di
origine, per approdare ad un nuovo mondo, sconosciuto, illusorio, salvifico:
l’Italia falsamente accogliente e luccicante di benessere raccontata dai
pifferai magici delle televisioni nazionali, pubbliche e soprattutto private. La
fuga, in cattiva compagnia,
finisce male più volte, finché riesce a raggiungere l’Italia su un affollatissimo barcone. Una storia che
racconta la forza di una donna capace di ribellarsi e di trovare la felicità.
“Mi guardo intorno e vedo stanze
e corridoi riempiti da chili e chili di ricordi, raccolti in milioni di pagine,
assemblate in migliaia di diari, lettere e memorie, un festival del ricordo
insomma, un inno perenne alla memoria [...]. Sono il tentativo tenace di
opporre resistenza alla dimenticanza, in una battaglia impari tra poche
migliaia di sopravvissuti contro milioni di esistenze di cui non sapremo mai
nulla.”
C’è un posto, in Toscana, dove sono custodite le storie degli
italiani: è l’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano (Arezzo), fondato nel 1984 da
Saverio Tutino, giornalista, già inviato per alcune tra le maggiori testate
nazionali. Oggi i manoscritti depositati sono oltre seimila e il loro numero
cresce di anno in anno. L’Archivio è un luogo unico, nato per raccogliere e
conservare i diari, le memorie e gli epistolari della gente comune.
Ed è proprio qui che Mario, il narratore di questo romanzo-verità, rimane inavvertitamente
chiuso una notte, iniziando così un viaggio che lo porterà a incontrare, scalino
dopo scalino, stanza dopo stanza, gli abitanti di questo edificio “magico”, che
ogni notte si animano per raccontare la propria storia. Per esempio quella della
contadina Clelia Marchi, che scrisse la sua vita su un lenzuolo a due piazze,
quella del cantoniere siciliano Vincenzo Rabito, semianalfabeta, che si chiuse
in una stanza per imparare a usare la macchina da scrivere raccontandosi in
oltre mille pagine, o ancora quella di Orlando Orlandi Posti, affidata a
messaggi clandestini scritti dal carcere di via Tasso a Roma prima di essere
fucilato alle Fosse Ardeatine...
I diari bollenti di Mary Astor : il grande
scandalo a luci rosse del 1936 di Edward
Sorel
Questo libro racconta
una storia vera, ma sembra la ricostruzione, a parole e a illustrazioni, di un
sogno, di un’immaginazione, di un ricordo di giovinezza, di uno scherzo
sentimentale, di un’invenzione da tabloid. Edward Sorel, nato a New York nel
1929, è un disegnatore importante, ha firmato moltissime copertine del New
Yorker, ha scritto e illustrato molti libri, e per decenni ha coltivato
l’ossessione per Mary Astor, diva del muto, e poi del noir, premio Oscar nel
1942 per La grande menzogna,
accanto a Bette Davis, ebbe l’ultima parte nel 1964 in Piano piano dolce Carlotta, sempre con Bette Davis. Nessuno
ricorda più lo scandalo del suo divorzio, nel 1936, ma Edward Sorel sì: perché
vent’anni dopo, in un appartamento dell’Upper East Side che aveva preso in
affitto […] gli succede una cosa strana, che segna l’inizio di una fissazione.
Nel togliere il linoleum marcio della cucina, trova una serie di giornali usati
per pareggiare le assi di legno. Erano tutti numeri del Daily News e del Daily Mirror,
e tutti del 1936, l’anno dello “scandalo a luci rosse”. Riguardavano il
processo a Los Angeles per l’affido di Marylin, figlia di Mary Astor e del
secondo marito. Che aveva usato i diari di Mary, scoperti quando il matrimonio
era ancora in piedi, per farle rinunciare a ogni diritto sulla bambina. Ma la
Astor nel 1936 aveva impugnato la sentenza e allora il marito aveva reso nota
ai tabloid l’intenzione di far pubblicare i diari, che raccontavano un
adulterio ma anche, forse, molte altre esperienze extraconiugali e perfino,
cosa che faceva tremare di eccitazione e paura Hollywood, pagine con le pagelle
ai suoi amanti, in base a criteri “strettamente meritocratici”. Uno scandalo
sessuale, negli anni Trenta, con protagonista un’attrice famosa che raccontava
le sue notti “di estasi” con il più importante commediografo di Broadway di
allora, George S. Kaufman, sposato. […] Edward Sorel ha ricostruito la vita di
Mary Astor, avvicinandola alla propria, le ha fatto mille ritratti, ha
disegnato il processo per l’affidamento della bambina, ha raccontato a parole e
illustrazioni lo sgomento e il divertimento della Hollywood di allora, con
l’aiuto dei decenni trascorsi, con un distacco ironico e però pieno di pietas e
di commozione per quella ragazza che nella vita voleva soltanto sposarsi e
avere dei bambini, e che nella sua autobiografia ha raccontato degli anni da
attrice: “Sessualmente non mi controllavo. Bevevo troppo, e a tarda sera finivo
per trovare qualcuno ‘molto attraente’. Salvo svegliarmi il mattino dopo con
una sola domanda in testa: Perché? Perché?”. […] Edward Sorel, che ha ritrovato
Mary Astor sotto il linoleum della cucina più di cinquant’anni fa, ha deciso di
lottare per lei: non era una stella di prima grandezza, ma meritava un po’ più
di luce. Oltre a quella dello scandalo “a luci rosse”. Il suo diario, comunque,
è stato bruciato nel 1952 davanti a un giudice. Annalena Benini
Polvere di stelle : il glam rock dalle origini
ai giorni nostri di Symon Reynolds
Da Marc Bolan ad Alice Cooper, da Gary Glitter a Lou Reed,
dai Roxy Music ai New York Dolls, da Wayne County ai Queen, dagli Ultravox ai
Kraftwerk, dal Rocky Horror Picture Show a L’uomo che cadde sulla Terra, senza
dimenticare un’esauriente panoramica sugli strascichi del fenomeno: Johnny
Rotten, Kate Bush, Grace Jones, Prince, Madonna, Marilyn Manson, Lady Gaga e
Kanye West, per fare solo alcuni nomi. A farla da padrone è però David Bowie.
Concepito e scritto quasi interamente prima del 2016, Polvere di stelle è stato
rivisto e arricchito in seguito alla scomparsa del Duca. Simon Reynolds ne
ripercorre la traiettoria personale e artistica a cavallo tra Inghilterra e
Stati Uniti – non a caso i due paesi d’origine del glam rock – con la vertiginosa
e straordinaria profondità analitica di cui è maestro, senza tentazioni
agiografiche ma con la passione di un fan sconvolto dalla sua morte improvvisa.
Ancora una volta la musica è utilizzata come lente per leggere i periodi
storici, tracciando nessi spesso coraggiosi tra le forme artistiche più
disparate: Oscar Wilde diventa così il «profeta del glam», mentre l’ascesa del
rock parodico negli anni Settanta rientra nel concetto di «maniera» delineato
da Oswald Spengler nel Tramonto dell’Occidente. Leggere Reynolds significa
(ri)scoprire interi universi musicali, raccontati con uno stile che da oltre
dieci anni affascina un pubblico di lettori italiani sempre più entusiasta.
Delizie
d'Oriente : una storia della cultura gastronomica
di Peter Heine
Il prezioso testo di un rinomato
studioso del mondo islamico. Un saggio di cultura culinaria che attraversa
l’intero Oriente, arricchito da oltre cinquanta ricette.
La cucina orientale, che scaturisce dalle complesse e ricchissime
tradizioni di un’area che nel corso del tempo ha compreso l’Arabia, la Persia,
l’impero ottomano, è una delle grandi cucine del mondo. Falafel, hummus e
kebab, cuscus, gli involtini di foglie di vite, il marzapane, queste e altre
delizie d’Oriente hanno da tempo conquistato la nostra tavola, mentre spezie
che una volta non erano alla portata di tutti come i chiodi di garofano, il
cardamomo, lo zafferano e la cannella sono oggi consuete in ogni dispensa ben
fornita. Ma cosa sappiamo di questo universo gastronomico così squisito e
raffinato?
Peter Heine è un islamista che è stato fondatore e direttore del
Centro di Studi Orientali Moderni di Berlino, e in questo saggio erudito e
appassionante si immerge nella cultura e nella storia del cibo e delle sue
usanze. Analizza il motivo per cui i musulmani non mangiano carne di maiale ma
a volte non si negano un bicchiere di vino. Illustra cosa si cucinava nelle
mille e una pentola degli Omayyadi, degli Abbasidi, degli Ottomani, dei
Safavidi, e la ragione per cui l’elemosina faceva parte delle buone maniere a
tavola. Racconta le gesta dei grandi cuochi, descrive la diffusione di frutta e
ortaggi nel mondo orientale e il viaggio verso l’Europa di alimenti a noi
sconosciuti, parla di come oggi la produzione di cibi halāl, ossia preparati secondo i dettami della legge islamica,
rappresenti un fattore economico di enorme importanza. La sua riflessione
illumina il significato sociale e politico del cibo, e rileva quanto la
tradizione culinaria contribuisca a formare il concetto di nazione. Non di rado
intorno ad alcune pietanze si sono accese discussioni politiche, e rivendicare
un piatto alla propria cultura può essere una strategia di difesa e definizione
della propria identità.
E poiché Heine è anche una buona forchetta, questo excursus gastronomico unico
nel suo genere è condito da oltre cinquanta ricette: dalle pietanze più note
della cucina moderna ai piatti classici creati dai cuochi della dinastia Moghul
fino a quelli che preannunciano i piaceri culinari del paradiso.
La favolosa storia
delle verdure
di Ėvelyne Bloch-Dano
“Raccontare
quest’avventura significa accedere alla Storia universale imboccando il
cancello dell’orto” scrive
nella prefazione Onfray per descrivere l’originale anima de “La favolosa storia
delle verdure”.
Quando si mangia la verdura è la storia del mondo che si
inghiotte, in un unico ortaggio si incontrano la grande storia e la storia dei
ricordi di ognuno di noi: le conquiste, la via delle spezie, l’apertura di
passaggi marittimi, il commercio tra gli Imperi, l’economia, la diplomazia e la
politica mescolati a storie di madri e padri, di nonne e nonni, cucine e
dispense piene di sapori.
Parlare di verdure significa quindi partire alla ricerca
di un territorio, di una cultura, significa ritrovare le tracce di una storia
che si insinua nell’etimologia di una parola, il viaggio di un prodotto da
regione a regione, di Paese in Paese, da una sfera simbolica a un’altra –
perché le carote fanno gli occhi belli e i bambini nascono sotto i cavoli? –
passare da un orto a una poesia, da un quadro a un’ortolana, una di quelle
signore con la voce squillante che spingevano il carretto per le strade tessendo
le lodi delle loro insalate appena colte; da una canzone a un conquistador
che trasporta nuovi germogli e condimenti nelle murate della sua caravella.
Significa viaggiare nello spazio e nel tempo, dalla sfera collettiva a quella
più intima, significa incrociare i nostri sapori e le nostre domande,
esperienze, curiosità. Nel baccello di un pisello, nei semi di un pomodoro,
nell’amaro amabile del cardo e del carciofo, nelle foglie e nei gambi del
ravanello che buttiamo via senza pensarci si nascondono tesori.
mercoledì 6 dicembre 2017
Un gioco e un
passatempo di James Salter
Sullo sfondo della sonnolenta provincia francese degli anni Sessanta si
consuma la passione bruciante fra due giovani: Anne-Marie, una bella commessa
francese diciottenne, e Philip Dean, ventiquattrenne americano in fuga dal
college. A raccontarla è un narratore anonimo che ha avuto in prestito da
alcuni amici una casa a Autun, in Borgogna. Morbosamente geloso della felicità
dei due amanti, legati da una sessualità avventurosa ed estrema, quasi
ipnotica, il narratore-voyeur ripercorre a ritmo vorticoso la stagione più
intensa della loro vita - sono a volte fotografie, lampi, sensazioni acute e
fuggevoli - mescolando, forse, realtà e immaginazione. In una storia che è
anche ricca di tenerezza, la carnalità diventa incontro di anime, di quelli che
lasciano dietro di sé "le reliquie
dell'amore, soffuse di dolorosa bellezza".
Personaggi in cerca di lettore
Per gli appassionati delle vite degli
altri
biografie e autobiografie di persone
famose e meno famose, non facilmente
incasellabili in uno specifico
settore e/o
che per qualche motivo suscitano, nel
momento, l’interesse dei lettori;
libri che
parlano di personaggi veri o
immaginari;
biografie romanzate; libri per
conoscere
più da vicino, per spiare quasi, i
nostri
artisti preferiti, gli scrittori più
amati, i
protagonisti di grandi storie, ma
anche
quelli di storie
piccole e sconosciute.
Lo
sguardo doppio dell'amore di Francesco Rapazzini
Natalie Barney compie cinquant'anni. A Temple de l'Amitié,
suo celebre intimo e chiacchierato indirizzo, sono convocati i più bei nomi
della Parigi dell'età del jazz, la Parigi ritratta da Hemingway e Fitzgerald,
la città disincantata e cosmopolita sulla quale aleggia ancora la grande ombra
di Proust. Ed ecco riuniti, intorno alla conturbante Amazone, Gertrude Stein e
la principessa Bibesco, Paul Morand e René Clavel, la celebre cortigiana Liane
De Pougy e la scrittrice Colette, e altri protagonisti di quella stagione
irripetibile. Tra passioni e conflitti, la serata si consuma con piccoli e
grandi drammi mascherati dalla conversazione affascinante e dallo scintillìo
delle battute.
Altri
amici, altri scrittori di Fernanda Pivano
Una galleria in cui si incrociano scrittori e pittori,
psicoanalisti e drammaturghi, esperienze letterarie, artistiche e umane. Un
capodanno a Parigi con Max Ernst, gli incontri con Norman Mailer da
"quando era poco più che un ragazzo", l'epopea di Julian Beck e
Judith Malina con il loro Living Theatre, la frequentazione con Peggy
Guggeneheim fanno da contrappunto alle atmosfere, evocate con nostalgia, ai
fermenti che hanno alimentato la grande rivoluzione culturale che si è compiuta
negli anni ‘50 e ‘60.
Vite scritte di Javier
Marias
Uno scrittore legge e racconta altri scrittori: non solo le
opere che ha amato o con cui si è confrontato, ma soprattutto le loro vite, le
passioni, gli odi, le manie, le grandezze e le miserie. L'idea è quella di
raccontare questi letterati "conosciuti da tutti come personaggi da
romanzo, al di là della fama o dell'oblio". Ed ecco un gruppo di brevi
biografie, ritratti di autori e autrici di culto: Faulkner e Conrad, Tomasi di
Lampedusa e Henry James, Conan Doyle e Stevenson, Turgenev e Thomas Mann,
Nabokov e Rilke. E ancora madame du Deffand, Kipling, Rimbaud, Djuna Barnes,
Oscar Wilde, Mishima. Insieme a donne meno note ma dalle vite davvero
singolari: lady Hester Stanhope, «la
regina del deserto», o Adah Isaacs Menken, «la poetessa equestre», fino a
riflessioni su famose fotografie di scrittori (da Nietzsche a Baudelaire a Poe
a Borges), che dimostrano come la passione di leggere non si esprime soltanto
sulla pagina stampata ma spesso attraversa volti e sguardi.
Le gemelle che non parlavano di Marjorie
Wallace
Nel 1986 June e Jennifer Gibbons hanno ventisei anni e
da sette sono recluse a Broadmoor, famigerato manicomio criminale. Figlie di un
militare della RAF di origine caraibica, crescono in una zona desolata ai
confini del Galles. Fin dai primissimi anni, rivelano un’intelligenza
acutissima e un legame, fisico e psicologico, così forte fra di loro da rendere
difficile l’accesso al loro mondo, anche per i genitori. Dopo i primi tentativi
di inserimento nella scuola, falliti perché le gemelle si rifiutano di parlare
con chiunque, June e Jennifer si chiudono in casa e conducono una loro vita
separata. Con una furia dell’immaginazione che ricorda in modo impressionante
la storia delle sorelle Brontë, inventano un loro universo fantastico e
cominciano a scrivere romanzi e novelle di sorprendente qualità, alcuni dei
quali pubblicheranno a loro spese. Infine, decidono di uscire nel mondo,
lanciandosi in pericolose azioni di sfida. Appiccano il fuoco a vari edifici,
vengono arrestate e condannate.
Questa storia terribile, che è passata sotto gli occhi
indifferenti di giudici, insegnanti e assistenti sociali, viene qui raccontata
da una nota giornalista del «Sunday Times», Marjorie Wallace, che ha avuto
accesso a tutti gli scritti delle due gemelle, vera chiave della loro storia, e
con grande finezza si è fatta strada nel loro mondo segreto. Ne è
risultato questo libro-documento, accolto da molti, e fra gli altri da Oliver
Sacks, che ha scritto una prefazione per l’edizione italiana, come uno dei casi
psicologici più misteriosi, rivelatori e strazianti dei nostri anni:
«Il fatto che la
Wallace sia riuscita nel suo intento, a dispetto dell’ostinato mutismo che, sin
dall’età di otto anni, le gemelle avevano opposto al mondo, e che sia stata
capace di superare la barriera che impediva l’accesso al mondo delle gemelle,
insolito e spesso distorto, testimonia che anche lei, come autrice, possiede
qualcosa di fuori del comune. Non è infatti solo la vicenda, che per tre lunghi
anni Marjorie Wallace ha meticolosamente ricostruito, ma il modo ammirevole in
cui l’autrice ci fa entrare nella mente e nella sensibilità di June e Jennifer
a rendere Le gemelle che non parlavano
un libro unico nel suo genere. Esso è infatti il ritratto più dettagliato che
mai ci sia stato offerto del mondo interiore di una coppia di gemelli identici,
con tutti i loro tormenti e le loro infelicità – una storia avvincente e,
insieme, uno studio importante e di grande valore documentario».
Le gemelle che non parlavano è apparso per la prima volta nel 1986.
Memorie di una maitresse
americana di Nell Kimball
«Ogni ragazza siede
sulla sua fortuna, e non lo sa» disse la zia Letty alla nipote Nell Kimball, che aveva
allora otto anni. E si può dire che tutta la vita di Nell – prima come puttana
di bordello, poi come mantenuta, infine come tenutaria essa stessa di bordelli
di lusso a New Orleans e a San Francisco, da lei innalzati a una sorta di
perfezione – sia stata un adeguato, intelligentissimo commento a quella frase
di brutale sapienza. «Per un mucchio di
gente, l’unica soddisfazione è guastare il piacere agli altri» era un’altra
massima della zia Letty, e per evitare che il padre, un rozzo e brutale
coltivatore dell’Illinois che citava a ogni passo la Bibbia, desse un’ulteriore
dimostrazione di quella massima, la piccola Nell scappò giovanissima di casa,
per approdare presto in un curioso bordello Biedermeier a Saint Louis,
Missouri, dove si ambientò con facilità. «Il
mio college fu il bordello»:
Nell cominciò veramente a osservare la vita, e a scoprirla, nel salone
pesantemente decorato di quella casa, in quell’aria greve, impregnata di
cipria, fumo di sigari, lucido per mobili, corpi di donna, vapori di whisky,
che da allora l’avrebbe sempre avvolta. Aveva una straordinaria intelligenza
naturale, che le permetterà poi di dimostrarsi, in queste sue Memorie,
anche una scrittrice straordinaria; era curiosa, avida e lucida, felicemente
priva di sentimentalismi e sensi di colpa, capace di entusiasmo – il suo grande
amore con il gangster Monte è clamorosamente romantico –, ma soprattutto
saggia, equilibrata e sicura nel valutare le persone e le cose. Guidati da lei
e dal suo vivacissimo linguaggio, che passa con noncuranza dai gerghi del
sottomondo alle parole ‘cólte’, esploriamo affascinati l’altra faccia della
vita rispettabile dell’America fine Ottocento-primo Novecento, veniamo
introdotti alle sottigliezze dei cerimoniali del bordello, penetriamo nei
bassifondi cittadini, scopriamo i vari codici che regolavano i rapporti fra
tenutari, puttane, poliziotti, uomini politici, malavita, giornali – e insieme
vediamo delinearsi ritratti memorabili, da quello dell’amato Monte, gangster
cerebrale, delicato e astratto, a quelli delle varie Belle, Frenchy, Rotary
Rosie, Mollie, Minna, che in vari momenti condivisero la vita di Nell.
La filosofia del bordello è un libro che Nell Kimball avrebbe potuto scrivere con eccellenti risultati, ma che non ha scritto, forse per discrezione, avendo preferito profondere i tesori della sua esperienza nella più accessibile forma di queste Memorie, che già danno, di quella filosofia, una nozione precisa: il bordello vi appare come un mondo chiuso e a suo modo completo, dove il sesso ha soltanto il posto d’onore – un sontuoso letto – e intorno ritroviamo, equamente disposti su vari poufs, anche gli altri Vizi, in colloquio non pregiudizialmente ostile perfino con alcune Virtù. Il sesso di cui ci parla la Kimball non è, comunque, la «pura fantasia» dei romanzi pornografici o quella, equivalente, dei romanzi prudes e sentimentali: è una realtà concreta, profondamente conosciuta, sperimentata e capita, raccontata senza nascondere nulla, con puntiglio professionale, e insieme osservata con quel senso della distanza che hanno soltanto i grandi narratori.
La filosofia del bordello è un libro che Nell Kimball avrebbe potuto scrivere con eccellenti risultati, ma che non ha scritto, forse per discrezione, avendo preferito profondere i tesori della sua esperienza nella più accessibile forma di queste Memorie, che già danno, di quella filosofia, una nozione precisa: il bordello vi appare come un mondo chiuso e a suo modo completo, dove il sesso ha soltanto il posto d’onore – un sontuoso letto – e intorno ritroviamo, equamente disposti su vari poufs, anche gli altri Vizi, in colloquio non pregiudizialmente ostile perfino con alcune Virtù. Il sesso di cui ci parla la Kimball non è, comunque, la «pura fantasia» dei romanzi pornografici o quella, equivalente, dei romanzi prudes e sentimentali: è una realtà concreta, profondamente conosciuta, sperimentata e capita, raccontata senza nascondere nulla, con puntiglio professionale, e insieme osservata con quel senso della distanza che hanno soltanto i grandi narratori.
Nata in una cascina dell’Illinois nel 1854, Nell Kimball morì
ottantenne, in Florida nel 1934. Il manoscritto delle sue memorie, già fin dal
1932 nelle mani del noto scrittore americano Stephen Longstreet, fu da lui
pubblicato integralmente quasi quarant’anni dopo per ovvie ragioni di
opportunità.
Libri per viaggiare
Il racconto del mondo
attraverso diverse
forme di narrazione del
viaggio, di luoghi e culture: guide, romanzi, saggi, testi
fotografici, libri
d’arte, film... Testi che
parlano della storia del
viaggio e dei viaggi storici, del viaggio di esplorazione come di quello di
formazione, di chi viaggia nello spazio e di chi lo fa con il pensiero…
Partire, tornare :
viaggiatori e pellegrini alla fine del millennio di Franco Ferrarotti
Mai come in questo nostro tempo, si parte. Il viaggio,
pratica e metafora plurimillenaria, luogo cruciale del nostro immaginario, in
questa nostra fine di millennio si fa concitato, frenetico, continuo. Si parte
da soli o più di frequente in gruppi, per vacanze o pellegrinaggi di massa,
governati dai tour operators che scelgono tutto: dalla destinazione
all'itinerario, al menu, ai souvenir da portare a casa. Si parte per tornare,
recita un vecchio adagio. Ma una società come la nostra, «ad alto tasso di
nomadismo», sembra aver smarrito proprio la dimensione del «ritorno», insieme
con quella della memoria. A ben vedere, oggi è la memoria ad essere in
pericolo. E senza memoria non si può tornare. Nel mondo in cui tutti viaggiano,
il viaggio allora si eclissa. Nella cultura del presente assoluto ci si muove
sempre e non si arriva mai. Si viaggia con una fretta esponenziale, con la
golosità di una bulimia indifferente ai contenuti, sorda alle situazioni, cieca
di fronte alle differenze. I linguaggi si sono stemperati in un solo
linguaggio: un linguaggio basic, semplificato, privo di risonanze. Tutto è
preciso, ma nello stesso tempo sciapo come la cucina di un vagone ristorante.
Pamphlet, saggio, itinerario - le pagine di Ferrarotti disegnano la radicale,
ironica presa di distanza da questo «non viaggio». E il viaggio mentale di
Ferrarotti risale all'indietro, da Chatwin a Freud, a Rilke, fino alla laica
riscoperta dei luoghi deputati del viaggio biblico. Allo sconcluso viaggio del
turista, si affianca e si contrappone infatti, più tragico e disperato, quello
dei boat-people, dei diseredati in cerca di speranza, l'altra faccia, meno
standardizzata e rassicurante, di un nomadismo che ci riconnette alla
dimensione del tempo storico, del passato e del futuro. Lo straniero di Emmaus,
la moglie straniera del Libro di Ruth evocano così il senso contraddittorio,
inquieto, aperto del viaggio: l'incontro e lo scontro, la fecondazione
reciproca - o l'odio micidiale - tra diverse culture.
Il
romanzo di Costantinopoli : guida letteraria alla Roma d'Oriente di Silvia Ronchey e Tommaso
Braccini
Le voci di centocinquanta testimoni, tra poeti,
viaggiatori, filosofi, esploratori, eruditi, pellegrini, avventurieri di ogni
nazionalità ed epoca, accostate come in un mosaico variegato e scintillante,
compongono l'eterno romanzo di Costantinopoli. Da Procopio a Le Corbusier, da
Paolo Silenziario a Mandel'stam, da Psello a Dos Passos, da Anna Comnena a
Flaubert, da Ibn Battuta a Gide, da Gilles a Loti, da Grelot a Melville, da
Andersen a Cocteau, da Chateaubriand a Fermor, da De Amicis a Mark Twain, da
Byron a Yeats, da Nerval a Pamuk, narrazioni e descrizioni si snodano
attraverso la Roma d'Oriente in dieci percorsi: un inconsueto itinerario
topografico che è anche un viaggio nel tempo e nei segreti di un'eredità
storica, artistica e culturale, quella bizantina. Ogni percorso è illustrato da
una mappa-itinerario e da un'introduzione scientifico-narrativa ai monumenti e
ai luoghi, che fornisce anche indicazioni precise per rintracciarli nel
labirinto dell'antica Città. Un breve apparato di note, un'indispensabile
quanto aggiornata bibliografia e un supplemento biografico con i profili di
tutti gli autori convocati completano il volume, corredato inoltre da piú di
centocinquanta immagini tra disegni, incisioni, foto d'epoca e mappe.
Viaggio a
Medina e a La Mecca di Richard F. Burton
Richard F. Burton (1821-1890) è uno dei personaggi più
affascinanti dell'epoca delle grandi esplorazioni europee dell'Ottocento. Ha
attraversato i continenti, ha visitato città, studiato popoli e imparato le
loro lingue (ne parlava correntemente più di trenta, e in particolare parlava
perfettamente l'arabo). Fu in Africa con Speke alla ricerca delle sorgenti del
Nilo, in Nord America per conoscere le comunità dei Mormoni, fu console
britannico a Fernando Po in Africa occidentale, poi in Brasile, a Damasco e a
Trieste. Ma la sua impresa memorabile è probabilmente quella raccontata in
questo libro: nel 1853, vestito da pellegrino afgano, visita la città santa
della Mecca: prima di lui, dal Medioevo, solo una decina di occidentali erano
riusciti a penetrare nel recinto sacro della Kaaba. Questo viaggio avventuroso
e estremamente rischioso è narrato con la tranquillità e con la semplicità che
solo Burton possedeva.
Sport da Leggere
Lo sport è sempre stata un’attività
praticata dall’uomo, dall’antichità a
oggi
ha assunto forme e significati
diversi, è
legata quando al tempo libero, quando
alla cura del corpo, ma anche a
particolari
momenti storici…Lo scaffale Sport da
leggere accoglie libri su singoli
sport,
sulla storia dello sport e/o degli
sport, biografie di sportivi famosi,
saggi
sui legami tra lo
sport e altre discipline.
Il dio di
Roserio di Giovanni Testori
Il protagonista di questo romanzo d'esordio di Testori è il
mondo del ciclismo, con il suo eroismo umile e quotidiano, fatto di fatica e
sudore. Raccontando le vittorie, le angosce, i drammi di Dante Pessina,
soprannominato, per le sue vittorie ciclistiche, "il dio di Roserio",
l'autore ci trasporta nell'atmosfera di un'Italia che non c'è più. Un paese che
parlava le mille sfumature del dialetto, in cui le strade erano popolate di
lambrette e bianchine, ma anche di mucche e capre e, soprattutto, di tante,
tante biciclette.
Gladiatori di Antonio Franchini ;
con le fotografie di Piero Pompili
In questo
testo, a metà fra romanzo e reportage giornalistico, Franchini, accompagnato
dal fotografo Virgilio Piero Pomphili (delle cui foto è corredato il libro),
compie una discesa dantesca nell’universo delle palestre di periferia, in cui
l’aria sa di sudore stantio e l’unico valore spendibile è il rispetto.
Attraverso
una lingua capace di sfiorare il mimetismo della parlata popolare o di
innalzarsi nel tono epico della mitologia classica, l’autore compone ritratti
di pugili, kickboxer, wrestler, campioni mondiali di discipline miste. Un
pantheon di guerrieri di solito trattati come fenomeni da baraccone e stavolta,
nel rispetto e nell’ammirazione che Franchini non nasconde, capaci di
raccontare il proprio mondo, i valori che li spingono verso il limite del corpo,
la storia che li ha portati a incrociare i pugni con un altro uomo, nel perenne
combattimento con se stessi, prima ancora che con l’avversario.
Trattato di
funambolismo di Philippe Petit
Philippe Petit è un funambolo di fama mondiale, che ha attraversato
su un filo la distanza tra le guglie di Notre-Dame, tra le Torri gemelle del
World Trade Center, tra altissimi picchi alpini e tra sponde di pericolose
cascate. In questo libro Petit ha raccolto l'essenza del funambolismo, un'arte
sottile, effimera e ineffabile come l'arte di vivere: l'uomo che sa camminare
sulla corda, cammina anche sulla corda metaforica tesa sulle difficoltà
quotidiane della vita. Per questo il Trattato di funambolismo è risultato
fatalmente un libro sulla vita, poetico e filosofico, ed è subito diventato un
caso letterario che ha affascinato artisti e intellettuali di tutto il mondo.
"Il
funambolismo non è un'arte della morte, ma un'arte della vita - della vita
vissuta al limite del possibile. Ogni volta che mette piede sul cavo, Philippe
tiene in pugno quella vita e la vive in tutta la sua esilarante immediatezza,
in tutta la sua gioia. Possa egli viverla fino a cent'anni."
dalla
Prefazione di Paul Auster
"Ecco un libro di consigli per quelli che, un giorno, oseranno l'impossibile: camminare diritti incontro al cielo e raggiungere le stelle. Esso mostra l'arte di colmare e illuminare il Vuoto, un vuoto tra due torri, due orli di precipizio, due pianeti o lo spazio tra il cuore e lo spirito. Un filo collega ciò che sarebbe rimasto separato per sempre nella solitudine. «Fa’ attenzione», mi disse un giorno un vecchio indio della foresta vergine dell'Amazzonia, mentre stavo toccando un cavo d'acciaio che sopportava una tensione estrema, «non far male al cavo, la sua anima è tenera». Un cavo canta, traspira, erutta e, prima di spezzarsi, geme soffrendo; se lo si tocca si può udirne il pianto. E quando si spezza esala del fumo, i trefoli incandescenti si arroventano di collera. So di cosa sto parlando, ho issato una nave su una montagna: so che in questo libro è tutto vero. Ecco un libro sulla paura e la solitudine, un libro sui sogno e la poesia, sulle altezze crudeli e le nobili audacie, sull'equilibrio maestoso e l'immobilita d’un altro mondo, sulla caduta e la morte. Esso evoca un’estasi che sonnecchia nel profondo di ciascuno, uno stato interiore magnifico, come una luce nascosta. Ti rendo omaggio, Philippe. Uomo Fragile del Filo, Imperatore dell’Aria. Come Fitzcarraido, sei tanto raro e prodigioso che più non si potrebbe: un Conquistador dell’Inutile. E m’inchino con rispetto profondo." Werner Herzog
"Ecco un libro di consigli per quelli che, un giorno, oseranno l'impossibile: camminare diritti incontro al cielo e raggiungere le stelle. Esso mostra l'arte di colmare e illuminare il Vuoto, un vuoto tra due torri, due orli di precipizio, due pianeti o lo spazio tra il cuore e lo spirito. Un filo collega ciò che sarebbe rimasto separato per sempre nella solitudine. «Fa’ attenzione», mi disse un giorno un vecchio indio della foresta vergine dell'Amazzonia, mentre stavo toccando un cavo d'acciaio che sopportava una tensione estrema, «non far male al cavo, la sua anima è tenera». Un cavo canta, traspira, erutta e, prima di spezzarsi, geme soffrendo; se lo si tocca si può udirne il pianto. E quando si spezza esala del fumo, i trefoli incandescenti si arroventano di collera. So di cosa sto parlando, ho issato una nave su una montagna: so che in questo libro è tutto vero. Ecco un libro sulla paura e la solitudine, un libro sui sogno e la poesia, sulle altezze crudeli e le nobili audacie, sull'equilibrio maestoso e l'immobilita d’un altro mondo, sulla caduta e la morte. Esso evoca un’estasi che sonnecchia nel profondo di ciascuno, uno stato interiore magnifico, come una luce nascosta. Ti rendo omaggio, Philippe. Uomo Fragile del Filo, Imperatore dell’Aria. Come Fitzcarraido, sei tanto raro e prodigioso che più non si potrebbe: un Conquistador dell’Inutile. E m’inchino con rispetto profondo." Werner Herzog
Le variazioni
d'Orsay di Manuele Fior
Ingres, Rousseau, Degas, le polemiche suscitate dagli
Impressionisti... dietro ogni capolavoro d'arte c'è una storia. Il fumetto di
Manuele Fior ci guida tra le sale del celebre museo parigino d'Orsay in un
viaggio onirico tra passato e presente. Un affresco corale e ricco di aneddoti,
a volte lieve e brillante e a volte drammatico, in cui varie voci si passano il
testimone. Tanti frammenti, un unico racconto. Per celebrare il mistero
dell'arte, ossessione e grande illusione, e il fascino inafferrabile dell'atto
creativo.
Corto
Maltese: la laguna dei bei sogni di Hugo Pratt
Da tre giorni, sul delta del fiume Orinoco, un tamburo
risuona e diffonde la notizia di un bianco malato nella Laguna dei bei sogni.
Con la fronte imperlata di sudore, la barba incolta, due solchi neri e profondi
che incorniciano gli occhi dallo sguardo febbrile, il tenente Stuart degli
Artists Rifles è deciso a restare su quelle rive malsane e popolate da insetti
letali. Lì, "dove quando si comincia a sognare non ci si sveglia
più", avvolti da un mortale torpore che annebbia la vista e confonde i
ricordi. Eppure, ci sarebbero molti altri modi per uscire da una vecchia
vita...
Benessere
e salute
La
biblioteca si propone anche come luogo di
incontro
e di informazione nell'ambito della
promozione
della salute e del benessere
individuale
e sociale. Nella sezione
"Benessere
e salute" si possono trovare libri
sulle
medicine non convenzionali e su quelle
di
altre culture, su erboristeria e fitoterapia,
sulle
attività fisiche e sulle metodologie e
pratiche
volte al raggiungimento del
benessere
psicofisico.
Pratiche
di etnomedicina : i fattori psicosomatici nei sistemi medici tradizionali di Antonio Scarpa
Questo libro è un'ampia e affascinante documentazione sulle
pratiche mediche tradizionali di varie parti del mondo, dall'Africa al Sud America,
dall'Estremo Oriente all'Europa e all'Italia. Vi vengono descritti i
comportamenti di medici e ammalati, i riti religiosi e magici, le sostanze
usate e le diverse terapie: quelle che si basano sui rumori, musiche, parole,
gesti o danze, quelle che utilizzano il colore o che si servono delle
sensazioni gustative e tattili......
...L'importanza del
fattore psicologico nell'arte del curare non è stata sottolineata solo di
recente, come generalmente si crede. L'intuizione che la mente (psiche) possa
essere concausa di disfunzioni e malattie del corpo (soma) la troviamo già
nelle civiltà greca e romana. Da tempo, inoltre, i medici sanno che tutto ciò
che può dare fiducia al paziente, migliora le sue condizioni fisiche. Nel 1747
Jerome Garb, professore in medicina e chimica all'Università di Leida (Paesi
Bassi), scrive che il medico che nella cura dell'ammalato fa una netta
distinzione tra corpo e mente, trascurando quest'ultima, vedrà spesso fallire i
suoi scopi: Da non più di mezzo secolo, infine, è nata, come vera e propria
disciplina scientifica, la medicina psicosomatica.
In una società che, come l'attuale, cambia rapidamente, innumerevoli sono le
nuove situazioni in cui l'individuo viene a trovarsi per l'insorgere di
emozioni e traumi ai quali non era abituato, per cui deve cercare un nuovo
equilibrio riguardante non solo la sfera psicologica, ma l'intero organismo.
Com'è stato accertato, gli shock stressanti possono essere la causa di malattie e squilibri per i quali si sono resi necessari nuovi metodi terapeutici, efficaci e specifici. Sembra che le emozioni negative indeboliscano il sistema immunologico per cui germi e virus scarsamente dannosi, in mezzo ai quali viviamo, diventano patogeni allorquando incontrano un organismo stressato.
Gli psicofarmaci e la psicoterapia, superata la fase empirica, tendono ormai verso formule specifiche per curare ben precise disfunzioni...
Com'è stato accertato, gli shock stressanti possono essere la causa di malattie e squilibri per i quali si sono resi necessari nuovi metodi terapeutici, efficaci e specifici. Sembra che le emozioni negative indeboliscano il sistema immunologico per cui germi e virus scarsamente dannosi, in mezzo ai quali viviamo, diventano patogeni allorquando incontrano un organismo stressato.
Gli psicofarmaci e la psicoterapia, superata la fase empirica, tendono ormai verso formule specifiche per curare ben precise disfunzioni...
Cibo e dintorni
In quest'isola tematica
sono raccolti libri che parlano di cibo, alimentazione e cucina in testi
letterari. Ma anche volumi sulla cultura del cibo, sui suoi legami con la
storia, le religione, la società... Libri sul modo di vedere il proprio corpo,
sulla dietetica e sui disturbi alimentari; sui prodotti biologici, gli OGM e il
consumo critico; sui prodotti dietetici, sui fast
food e sullo slow food. E ancora film a tema culinario, ricettari italiani e di altre
culture, periodici, riviste...
La
sostanza del desiderio : cibo, piaceri e cerimonie di Gianni-Emilio
Simonetti
Cuochi di corte che si suicidano per una partita di
pesce che tarda ad arrivare. Un asparago abbandonato sul tavolo di una cucina
che segna l’inizio dell’arte contemporanea. Un cuoco-architetto che, nella sua
rivolta contro la materia, getta le basi della nouvelle cuisine. Preparare un
serpent de couvent con il quale rimediare alla concupiscenza di schiere di
novizie. Cucinare la ricetta con il titolo più lungo del mondo di cui parla
Aristofane ne Le donne all’assemblea. Scoprire cosa lega la nascita delle salse
a una precisa forma della convivialità. Gola, odori, gourmandise. Vatel,
Carême, de La Reynière. Principi, popolani, borghesi. Pittori, pasticceri,
architetti. Qualche secolo di arte leccarda passata al setaccio con i suoi
protagonisti. Aneddoti e racconti che disvelano i nessi tra forma e materia,
riti e godimento. Non una storia della cucina, ma un incredibile affresco in
cui l’arte cucinaria si fa lo specchio del mondo che la circonda.
Il talento del
cuoco di Martin Suter
«Una storia in cui l’arte culinaria diviene appassionante
come un romanzo giallo, solo più esotica e decisamente più erotica»
(Frankfurter Allgemeine). Il sesso, il cibo e la giustizia, la crisi
economica e l’identità individuale: Il talento del cuoco racconta
i paradossi della società europea, dei cittadini di un mondo che diviene sempre
più instabile e ingiusto. In cui il piacere - del corpo, della mente, del
palato - è la merce più preziosa di tutte.
Nelle cucine
di un ristorante di lusso a Zurigo lavora Maravan, un giovane tamil che viene dallo
Sri Lanka. Come molti suoi connazionali è fuggito dalla guerra per giungere in
Europa, sperando nell’asilo politico e con la responsabilità di aiutare la
famiglia rimasta in patria. Nel ristorante gli vengono assegnati solo i compiti
più umili e noiosi, ma lui non se la prende. Ha un carattere amabile e
ottimista, possiede una fede devota, con i suoi riti e le sue divinità, e
soprattutto è un cuoco dall’olfatto e dalle qualità straordinari.
La prima a scoprirlo è la disinibita Andrea, una cameriera dello stesso locale. Per lei Maravan cucina il vero curry, ispirato alla tradizione culinaria di famiglia con qualche personale innovazione. La ragazza, nel corso di una cena indimenticabile, avrà un’idea che cambierà il loro futuro: dovranno mettersi in proprio e aprire una ditta. Si chiamerà «Love Food» e proporrà un Love Menu, consegna a domicilio di raffinati manicaretti afrodisiaci capaci di stimolare il desiderio delle coppie annoiate. I primi clienti arrivano grazie a una terapista specializzata, ma la voce si sparge rapidamente. In un contesto che scopre con angosciato stupore la possibilità del fallimento, e che diviene sempre più instabile e ingiusto, i piaceri – del corpo, della mente, del palato – diventano merci preziose. Le sensuali ed efficaci ricette di Maravan sanno restituire gusto ed emozione alle serate di coppie abbienti, a personalità della politica, a uomini d’affari in cerca di sensazioni forti. Ma attraggono anche figure ambigue, che vivono ai margini del potere e della ricchezza…
Il talento del cuoco racconta con tono sagace, ironico e riflessivo l’aspra complessità di un ingranaggio sociale che rimescola il destino di persone lontane e diverse e le porta sullo stesso palcoscenico, in uno spazio in cui i gesti e le parole di ognuno riguardano e influenzano le vite degli altri. E allora tra noi e loro, tra gli abitanti di nazioni e città che si vogliono solide e antiche, e quei popoli che crediamo spuntare dal nulla per turbare il nostro ordine e il nostro benessere, nasce un legame profondo, che ha bisogno di una scoperta continua, di una curiosità che può svelare quei mondi che convivono quotidianamente accanto a noi.
La prima a scoprirlo è la disinibita Andrea, una cameriera dello stesso locale. Per lei Maravan cucina il vero curry, ispirato alla tradizione culinaria di famiglia con qualche personale innovazione. La ragazza, nel corso di una cena indimenticabile, avrà un’idea che cambierà il loro futuro: dovranno mettersi in proprio e aprire una ditta. Si chiamerà «Love Food» e proporrà un Love Menu, consegna a domicilio di raffinati manicaretti afrodisiaci capaci di stimolare il desiderio delle coppie annoiate. I primi clienti arrivano grazie a una terapista specializzata, ma la voce si sparge rapidamente. In un contesto che scopre con angosciato stupore la possibilità del fallimento, e che diviene sempre più instabile e ingiusto, i piaceri – del corpo, della mente, del palato – diventano merci preziose. Le sensuali ed efficaci ricette di Maravan sanno restituire gusto ed emozione alle serate di coppie abbienti, a personalità della politica, a uomini d’affari in cerca di sensazioni forti. Ma attraggono anche figure ambigue, che vivono ai margini del potere e della ricchezza…
Il talento del cuoco racconta con tono sagace, ironico e riflessivo l’aspra complessità di un ingranaggio sociale che rimescola il destino di persone lontane e diverse e le porta sullo stesso palcoscenico, in uno spazio in cui i gesti e le parole di ognuno riguardano e influenzano le vite degli altri. E allora tra noi e loro, tra gli abitanti di nazioni e città che si vogliono solide e antiche, e quei popoli che crediamo spuntare dal nulla per turbare il nostro ordine e il nostro benessere, nasce un legame profondo, che ha bisogno di una scoperta continua, di una curiosità che può svelare quei mondi che convivono quotidianamente accanto a noi.
* le ricette del menù d’amore sono
nell’appendice
Afrodita :
racconti, ricette e altri afrodisiaci di di Isabel
Allende
Passeggiando per i giardini della memoria, tra gli spiriti
del passato e quelli del futuro, Isabel Allende scopre che i suoi ricordi sono
indissolubilmente legati ai sensi. E che il piacere dell'amore e quello della
cucina accompagnano la sua vita e la sua arte, le sue storie e i suoi desideri.
I legami tra erotismo e gastronomia colorano le sue riflessioni, guarniscono le
sue leggende familiari, insaporiscono i suoi incontri. Allende decide allora di
mescolare racconti e ricette per dividere con il lettore i segreti della sua
cucina e della sua intimità. Incurante dei rigidi confini che separano i generi
letterari, l'Allende si aggira scanzonata e pungente tra facezie e tabù
sessuali, strizzando l'occhio con leggerezza a usi amorosi e costumi afrodisiaci.
Dalla salsa corallina alle pere ubriache, dall'habanera di gamberi all'insalata
delle odalische, dalla zuppa scacciapensieri alle ciliegie civettuole: un
patrimonio di ricette piccanti condite con le spezie dell'ironia. Isabel
Allende nel mondo della cucina, tempio del piacere dei sensi e anticamera del
"piacere dei piaceri", torna a dirci che la vita mette a nostra
disposizione sapori e amori gustosi, prelibati, divertenti. A noi il compito di
assaggiare.
La cucina del
Piccolo Principe : taccuino di volo nella mia cucina, da Antoine de
Saint-Exupéry di Daniela Messi
Il Piccolo Principe, il personaggio e la fiaba moderna più
famosi al mondo, un elogio poetico all'infanzia e una piccola educazione
sentimentale. Che cosa mangia un piccolo principe? Poco. Lui non ha mai né fame
né sete, gli basta un po' di sole... Proprio da questa diversità scaturisce una
nuova riflessione sul significato del cibo. Un percorso alternativo nel
capolavoro di SaintExupéry. Cucina dei semi, cucina delle stelle, cucina dei
fiori... attenzione, però: non a base di fiori, bensì per i fiori, come il
caffè e latte per il fiore che si è appena svegliato: E il piccolo principe, tutto confuso, andò a cercare un innaffiatoio di
acqua fresca e servì al fiore la sua colazione. .. Anche il nutrimento, in
questo piccolo mondo fatato e filosofico, assume più significati, sapori
diversi, seducenti e inaspettati.
lunedì 4 dicembre 2017
La
cambio io la vita che
non ce la fa a cambiare me
bevi qualcosa
cosa volevi
vuoi far l'amore con me
…
portami al mare
fammi sognare
E Dimmi Che Non Vuoi Morire!
non ce la fa a cambiare me
bevi qualcosa
cosa volevi
vuoi far l'amore con me
…
portami al mare
fammi sognare
E Dimmi Che Non Vuoi Morire!
La cambio io la
vita... : tutta la mia storia di
Patty Pravo
Finalmente
Patty Pravo ha deciso di scrivere la sua autobiografia definitiva, che illumina
anche gli angoli più nascosti di un'esistenza unica: dall'infanzia tra i canali
di Venezia ai viaggi a vela sui mari di tutto il mondo, dall'amore per gli
uomini all'amore per la musica, passando per il distacco dalla madre e il
ritorno nel suo grembo, rivissuto come in sogno in una piscina di Bel Air. Un
talento multiforme: ha cantato in otto lingue, con decine di successi planetari
e 110 milioni di dischi venduti. Una personalità capace di attrarre poeti come
Ezra Pound, Léo Ferré e Vinícius de Moraes, artisti come Lucio Fontana, Tano
Festa e Mario Schifano, musicisti come Mick Jagger, Jimi Hendrix e Robert
Plant. La sua storia, iniziata nei favolosi anni ‘60 che scalpitavano di libertà
e anarchia, gli anni del più clamoroso rinnovamento generazionale del secolo
scorso, attraversa il 900 fino ai giorni nostri. E svela il misterioso rapporto
tra Patty e Nicoletta, tra il personaggio e la donna, tra la vita sotto i
riflettori e la vita, semplicemente.
Il Brady : le
rocambolesche avventure dell'ultimo cinema dei dannati di Parigi di Jacques
Thorens
Il magma narrativo del libro trae spunto dalla realtà,
come sottolinea l'autore Jacques Thorens, nato in Bulgaria nel 1973 ma
residente a Parigi da quando aveva tre anni. Proprio nella capitale francese è
stato assunto come proiezionista, cassiere e factotum del Brady, il leggendario
cinema di quartiere parigino che dà il titolo al romanzo, sito al 39 del
boulevard de Strasbourg. In circa 340 pagine si dispiegano sacro e profano, il
sublime dell'arte e il prosaico di un'umanità diseredata, abbruttita dalle
notti in bianco o dai vizi, emarginata dalla società, ingrigita dalla penuria e
abbattuta dalle sconfitte di una lotta quotidiana con la propria sopravvivenza.
Il cinema Brady diviene luogo sgangherato e indifeso di accoglienza e l'autore
ne registra – avendoci consumato le sue giornate per davvero – gli straordinari
controsensi, gli abissi, le bislacche abitudini e la kermesse memorabile di
habitué. C'è il Polpetta, un camionista alcolizzato senza patente, che lavora
in nero e nel tempo libero chiede l'elemosina. C'è L'uomo che parla, che non
chiude la bocca nemmeno sott'acqua. C'è Django, un vecchio bandito di origini
italiane affetto dal morbo di Parkinson. Cos'ha di speciale questo cinema
considerato di serie B? Molte cose. È popolare, costa poco, è trasgressivo,
disprezzato, sulla via del declino, demodè. Lo abitano – nelle ore di
proiezione – gli esclusi e quello che cercano non è propriamente una visione.
Delle volte si masturbano, delle volte dormono, altre cercano solo un po' di pace
o compagnia. […] Un
altro elemento speciale [del libro] è che si aprono link di metacinema con
brevi inserti interessanti di storia del cinema. Come quando si parla del
regista divenuto proprietario del luogo, Mocky, al quale interessava
soprattutto proiettare i propri film di nouvelle vague: un regista che,
dopo una carriera trentennale, era arrivato a prodursi e distribuirsi da solo.
Una vecchia volpe che considera il cinema come un meraviglioso giocattolo di
cui non si stanca mai. È come se, leggendo, il
lettore si sentisse catapultato non tanto, banalmente, dentro a un film.
Piuttosto dentro ai meccanismi di film. Lo stesso scrittore sembra ordire trame
da dietro le quinte, sia quando mette in scena il suo popolo di diseredati, sia
quando disserta su titoli che hanno fatto la storia del grande schermo - e vi
troverete pellicole di ogni genere: da "Phantasm"a "Gola
profonda" a un rifacimento de "I tre moschettieri".
Orchestrando, tra b-movie e proiezioni andate a vuoto, storie molteplici che si
perdono tra le file di una platea, nella penombra umida, tratteggiando un
momento culturale che è in primis analisi sociale, come quando analizza la
politica francese: "È una politica di governo che per certi versi
ricorda le tecniche di smaltimento rifiuti: i poliziotti si trasformano in
spazzini della miseria, netturbini specializzati che intervengono quando si
supera la soglia di tolleranza degli elettori per spostare il problema
(prostitute, clandestini, senzatetto, tossici) qualche portone più in là".
Marilù Oliva
Perverso
e paranoico : scritti 1927-1933 di Salvador Dalí
"Perverso e paranoico" raccoglie i testi che Salvador
Dali scrisse negli anni Trenta, i più decisivi per la definizione della sua
poetica surrealista e per la sua maturazione artistica. Ne nasce l'autoritratto
della più grande «mente immaginativa del secolo scorso», che illumina di luce
nuova le sue opere - ma anche il suo pensiero sul rapporto fra arte e politica,
sul sesso e sulla religione, sulla scienza e sulla psicoanalisi -, l'amicizia
con Luis Bunuel e Federico Garcia Lorca, il tormentato sodalizio artistico con
i surrealisti e la passione per il cinema e la fotografia. L'ossessione, il
sogno, l'estasi, il delirio: l'irrazionalismo è il più fertile dei fattori
espressivi e creativi grazie al metodo paranoico-critico, vera e propria chiave
di volta del percorso di Dalì. Nel suo universo artistico ogni rigida
distinzione intellettuale, ogni comoda categoria pratica, persino il più ovvio
rapporto di causa-effetto sembra implodere e dichiararsi «altro» da sé.
L'inorganico trapassa improvvisamente nell'organico, istinto sessuale e istinto
alimentare si fondono, mentre Freud e Einstein vengono eletti degni successori
di maghi e alchimisti per aver dimostrato - ciascuno a modo suo - che la
materia è instabile. Ci vuole un «genio» - un genio che, inutile dirlo, Dalì
identifica con se stesso - per portare a termine l'aspirazione alchemica prima:
mostrare, proprio attraverso una radicale, mistica trasmutazione della materia,
come sia possibile perseguire un analogo cambiamento di coscienza: un'«estasi»,
cioè uno stato nel quale «ogni giudizio cambia in modo sensazionale», e da cui
solo può sgorgare l'arte.
Elogio
della letteratura di Zygmunt Bauman e Riccardo Mazzeo
«Chiamiamo realtà materiale il mondo del valore di scambio, e cultura
tutto ciò che rifiuta di accettare il suo dominio». Con questa
definizione dei Minima moralia di Adorno si apre il secondo (e ultimo,
per la recente scomparsa del grande Zygmunt Bauman) libro scritto a quattro
mani dal pensatore della “società liquida” e da Riccardo Mazzeo, editor per la
casa editrice Erickson, studioso di psicoanalisi e letteratura.
Nel libro viene esaminata la
controversa questione della relazione tra la letteratura (e le arti in
generale) e la sociologia (o quel ramo delle scienze umane che pretendono di
avere uno status scientifico). Mentre molti vedono letteratura e sociologia
come vocazioni radicalmente differenti, Bauman e Mazzeo sostengono che siano
connesse da un obiettivo comune e condividano lo stesso ambito d'indagine.
Bauman aveva detto che, se fosse stato costretto a trasferirsi su un'isola
deserta con un solo libro, avrebbe scelto un romanzo di Musil o Calvino. E
aveva testimoniato il suo debito nei confronti di Freud. Il libro intreccia
dunque la letteratura con la sociologia, la psicoanalisi con la pop culture,
Franzen, Musil, Littell e Proust con la cultura karaoke. Nonostante le molte
differenze nei metodi e nel modo di presentare i risultati, i romanzi e i testi
di sociologia non hanno scopi diversi. A dire il vero, sono precisamente le
loro differenze che le rendono reciprocamente indispensabili e complementari.
L'arte di
governare la carta : follia e disciplina nelle biblioteche di casa di Ambrogio Borsani
I libri hanno conosciuto molti spazi abitativi nel corso
della storia: gli scaffali delle tavolette di Ebla, gli armari dei rotoli
romani, i bauli degli arabi, la grotta di san Girolamo, l'utopica biblioteca di
Warburg, le garçonnière per sola carta, le oasi nel deserto della
Mauritania...In queste pagine Borsani ripercorre le abitudini, le regole e le
follie legate al mondo del libro. Come riuscivano Rabelais e Hemingway a
portarsi dietro una biblioteca in viaggio? Come erano sistemati i 50.000 libri
di Umberto Eco e in cosa consiste l’ordine geologico di Roberto Calasso? Ma
racconta anche cosa succede quando ci si porta in casa 350.000 libri in un
colpo, come ha fatto la signora Shaunna Raycraft. E nella letteratura come
vengono usate le biblioteche? Thomas Mann, Stendhal, Elias Canetti, Alessandro
Manzoni, Jean Paul, Rudolph Töpffer, Robert Musil, Georges Perec, Luigi
Pirandello e molti altri scrittori hanno creato straordinarie pagine di
letteratura ambientate nelle biblioteche. Ci sono stati inoltre teorici come
Melvil Dewey che hanno inventato sistemi per ordinare i libri nelle biblioteche
pubbliche. Ma per quelle di casa? Ripercorrendo la storia dell'ordine e del
disordine, L’arte di governare la carta
indica alcuni criteri per rendere più armonica la convivenza con i libri.
La saggezza dei
pigri : figure di rifiuto del lavoro in Melville, Conrad e Beckett di Federico Bellini
Nei ritmi
sempre più affannosi di una modernità non ancora conclusa l’indolenza diventa,
se non un valore, un prezioso elemento di contrasto. La saggezza dei pigri racconta e analizza tre personaggi
letterari che, rifiutando di lavorare, danno corpo a uno sguardo alternativo
sulla loro epoca. Bartleby, che nel racconto di Melville si ostina a “preferire
di no”, esprime una reazione all’emergente capitalismo nel quale la dedizione
al lavoro si coniuga all’edonismo consumista. James Wait, il marinaio allettato
al centro di The Nigger of the
“Narcissus” di Conrad, è sintomo del conflitto fra l’esaltazione
dell’operosità di una utopica comunità tradizionale e la consapevolezza della
sua irrealtà. Sul rifiuto di lavorare del protagonista di Murphy, Beckett modula una
riflessione sul rapporto fra attività e passività, interno e esterno, identità
e differenza. In Bartleby, James Wait e Murphy si coglie il convergere della
più grande potenzialità con la più radicale impotenza e in questo paradosso si
configura un’idea dell’umano come precario equilibrio fra creatività produttiva
e sterile abbandono. Attraverso tali personaggi letterari che si rifiutano di
lavorare i tre scrittori riescono a dare corpo a uno sguardo alternativo sulla
loro epoca, su quella fetta di modernità, costruita sull’egemonia dell’azione,
del fare e del trasformare.
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